NAPOLI – L’ultimo bambino rimasto in vita è Massimo, operato nell’ospedale Monaldi nel giugno 2014. Dal 2014 al 2016, in soli due anni, sono morti 4 bambini trapiantati su 5 e anche altri 3 bambini inseriti nella lista d’attesa per il trapianto di cuore non sono arrivati al trapianto benché questo dato non sia trasparente perché le liste non sono pubblicate.
LA BATTAGLIA LEGALE – “Dal 2014 le cose sono drasticamente cambiate in termini di esiti, da ciò che abbiamo appreso, è sopravvissuto un solo bambino, di tutti i bambini sottoposti a trapianto. Quali le ragioni? A nostro avviso ha inciso sia un tardivo inserimento in lista, con percorsi di selezione dei pazienti non trasparenti, in mancanza della pubblicazione delle liste d’attesa, sia perché in situazioni di emergenza i bambini hanno bisogno dell’accesso diretto alla struttura, che manca, con perdita di tempo prezioso nelle cure. I bambini non posso essere rimandati a casa ed affidati al medico curante abbisognando in caso di rigetto di una cura specifica immediata. Il tempo fa la differenza tra la vita e la morte. E al Monaldi queste competenze non mancavano. Si tratta di un comportamento che nulla ha a che vedere con il giuramento d’Ippocrate”, sottolinea l’avvocato Carlo Spirito, responsabile dello sportello Salute di Federconsumatori Campania, che ha intrapreso una battaglia legale accanto ai genitori dei trapiantati di cuore per tutelare ed esigere il rispetto del diritto fondamentale alla Salute. “Attualmente, chiuso il centro ai bambini, nell’emergenza i bambini sono affidati, in prima battuta, ai cardiologi, e non direttamente al personale medico del Centro trapianti che, sino al 2014, si è occupato di loro, ma tra responsabilità e competenze, in un campo così specialistico non deve esserci coincidenza? Cosa lo impedisce?”, si domanda ancora l’avvocato Spirito.
In due anni la cardiochirurgia pediatrica è passata da 7 cardiochirurghi (Merlino, Caianiello, Farina, Petraio, Ursomando, Fludas, Nava) a 2. Il Primario Caianiello nel 2014 annuncia le dimissioni, Merlino si sposta ad Ancona, Ursomando e Petraio vengono spostati in CCH adulti, Fludas, come già Nava, finisce il periodo di specializzazione e non viene integrato ed è costretto a spostarsi fuori Italia. Rimangono la dottoressa Farina e arriva il dottor Oppido da Bologna, che entro pochi mesi diviene il nuovo primario del reparto.
I GENITORI – “Viviamo ormai in una situazione perenne di precarietà in cui regna ambiguità sulle responsabilità, sovrapposizione sulle scelte terapeutiche e le procedure, difficoltà di coordinamento con i professionisti che dovevano integrare le competenze (neurologi, nefrologi, pneumologi…). Se i nostri figli trapiantati prima erano seguiti dai cardiochirurghi esperti di berlin heart con i tagli dobbiamo affidarci alla cardiologia semplice che a nostro parere non è capace di agire in casi di emergenza e di occuparsi delle problematiche complesse di un bambino bisognoso di trapianto. In alcuni casi le analisi ecografiche ai nostri figli sono state effettuate solo se energicamente sollecitate dal cardiochirurgo, come se quelli fossero pazienti di serie B, le terapie modificate senza che fosse consultato l’esperto trapiantatore. Con l’avvento del nuovo primario ci auspicavamo la messa in atto di un programma che fosse conservativo per i piccoli pazienti in collaborazione con i medici che per 15 anni hanno raggiunto ottimi risultati. Ma non è stato così”, chiarisce Dafne Palmieri, portavoce del Comitato Genitori dei bambini trapiantati e in attesa di trapianto.  “Noi la qualità l’abbiamo conosciuta- concorda Rosalba Pagano, mamma di Imma trapiantata con successo a 7 anni e mezzo -. Nel 2014 hanno cominciato a smantellare la cardiochirurgia pediatrica: ci dicessero innanzitutto perché hanno allontanato dalle attività i medici che con successo e passione si sono occupati dei nostri figli nel decennio precedente. Negli ultimi due anni i nostri figli sono stati seguiti solo dalla cardiologia del II piano evitando che intervenissero i cardiochirurghi del V piano. Ma se c’è un’emergenza è necessario che ci sia un cardiochirurgo trapiantista pediatrico di turno. Anche una semplice influenza può essere fatale per un trapiantato. Invece l’ultima volta che sono stata nel reparto di cardiologia pediatrica non sapevano neanche quanta ciclosporina (medicinale anti rigetto) somministrare a mia figlia”.
LE STORIE – Emblematica della differenza tra “prima” e “dopo” la storia di Assunta mamma di Giovanni e del piccolo angelo Francesco. Entrambi i figli subito dopo i due anni sviluppano una cardiopatia restrittiva. “Giovanni è nato nel 2009 e nel 2011 dal reparto di cardiologia al II piano del Monaldi mi mandarono alla cardiochirurgia del V piano perché videro che aveva dei problemi di cuore. Furono i cardiochirurghi dell’equipe di Caianiello ad operare mio figlio a luglio 2012. Non dimenticherò mai cosa hanno fatto per noi: erano accanto a Giovanni giorno e notte e ci sostenevano psicologicamente: quando scopri che puoi perdere tuo figlio da un momento all’altro non è facile andare avanti. Dopo un mese mio figlio ha avuto il rigetto ma i medici lo hanno salvato. Dopo 1 anno dal trapianto di Giovanni è nato Francesco che a 2 anni si sente male. I medici lo visitano e scoprono che è come Giovanni. Lo ricoverano e iniziamo un nuovo calvario, ma questa volta è diverso: l’equipe è cambiata, per fortuna siamo riusciti che il cardiochirurgo che aveva operato Giovanni ed era stato trasferito alla CCH adulti operasse anche Francesco ad agosto 2015 ma al medico non permettevano di seguire Francesco come Giovanni poiché era impiegato in un altro reparto. Una mattina ho trovato Francesco viola per la disidratazione e un’infermiera mi ha detto che il medico di guardia si era dimenticato la macchina che asciuga i liquidi accesa. Quando il medico di fiducia che l’aveva operato è andato in ferie la ferita di Francesco si è infettata e il bambino era tutto gonfio. Dopo tutte queste “botte” al cuore un arresto cardiaco me l’ha portato via. Mio figlio è morto a causa della disattenzione, credo che se fosse stato seguito dall’equipe esperta che si è occupata di Giovanni oggi anche lui sarebbe vivo. Il nuovo primario della cardiochirurgia infantile non è venuto neanche una volta a visitare mio figlio. Perché non permettono ai medici esperti di fare il loro lavoro?”

di Alessandra Del Giudice

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Prima parte: L’ASSISTENZA AI TRAPIANTI PEDIATRICI SI È FERMATA A NAPOLI

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