BOLOGNA. Sono 150, in Italia ogni anno, i transessuali che decidono di  sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare sesso. «Sono sempre più i giovani, accompagnati dalle famiglie», spiega la psicologa Daniela Anna Nadalin del consultorio Mit (Movimento identità transessuale) di Bologna.Non per tutti, però, il percorso di transizione si conclude con l’intervento chirurgico. Per quelli che ci arrivano l’attesa è lunga: 2 anni per il passaggio MtoF (da uomo a donna) e 7/8 mesi per il passaggio FtoM (da donna a uomo). Il percorso di transizione può essere quindi anche molto lungo: se si considera che servono almeno 2 anni di accompagnamento e supporto dal primo accesso, a cui vanno aggiunti, oltre a quelli della lista di attesa, anche quelli del tribunale che deve esprimersi sulla domanda di cambio di sesso (in media 1 anno). Se ne parlerà nel convegno organizzato dal Mit, insieme all’Osservatorio nazionale sull’identità di genere (Onig) e al Centro europeo studi sulla discriminazione (Cesd), in occasione dei 30 anni della Legge 164/1982 sul cambio di sesso. Una buona legge, della cui approvazione fu artefice lo stesso movimento, ma che va tenuta sotto controllo. Soprattutto dopo le modifiche apportate nel 2011 con cui è stata attribuita alla giurisdizione ordinaria la competenza per le domande di rettifica di attribuzione di sesso. Con un evidente aggravio di tempistiche, vista la lentezza della giustizia italiana. «Vogliamo fare il punto sulla sua applicazione per capire che cosa andrebbe cambiato – spiega Porpora Marcasciano, presidente del Mit – come, ad esempio, dare la possibilità di cambiare il nome senza dover arrivare al cambio di sesso: una conquista di civiltà che faciliterebbe la vita e l’inserimento lavorativo delle persone transessuali». Il convegno “Un transito lungo 30 anni” si terrà il 14 aprile (esattamente 30 anni dopo il 14 aprile 1982) a Bologna e vedrà anche la partecipazione di Don Luigi Ciotti di Libera.
 

di Sofia Curcio

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