La lanterna verde appesa e accesa sopra il portone d’ingresso della chiesa e sul sagrato un presepe a grandezza naturale molto particolare: le figure della Natività, infatti, questa volta sono ‘statue’ a grandezza naturale che impersonano migranti. La stalla di Betlemme diventa così una tenda di fortuna, Giuseppe e Maria sono avvolti nelle coperte argentate che di solito si usano per soccorrere e scaldare i migranti; non ci sono il bue e l’asinello, ma per scaldarsi c’è un fuocherello da campo con una pentola rimediata alla bell’e meglio per cucinare. C’è la classica figura del ‘dormiglione’, ma avvolto in una coperta da senza fissa dimora. Non ci sono i pastori adoranti, ma due migranti in sciarpa, guanti e cappello che si proteggono dal freddo. Non c’è la pecorella, ma il ‘manichino’ di un cane, “perché è più facile che sia questa la scena che si incontra tra i migranti bloccati ai confini”, raccontano gli allestitori del particolare presepe. Ovvero, i parrocchiani di San Bartolomeo della Beverara di Bologna che, accanto alla raffigurazione tradizionale della nascita di Gesù allestita all’interno della chiesa, ha scelto di realizzare anche questa. “L’idea è venuta da loro”, conferma il parroco, don Maurizio Mattarelli. E lui ha detto ‘sì’.
Prima è stata messa la lanterna verde adottata dai cittadini polacchi per indicare a chi riuscisse ad attraversare la frontiera con la Bielorussia che in quella casa troverà un pasto caldo, coperte e un tetto. E in effetti alla parrocchia dellaBeverara succede: si accolgono i senza dimora nell’ambito del piano freddo. Poi, ecco l’idea di allestire il presepe dei migranti, da ieri sera visibile ai passanti. “Può essere un aiuto alla memoria e alla consapevolezza”, spiega il parroco.
Di presepi che vogliono far riflettere ce ne sono spesso, ma alla Beverara “questa è una novità, è il primo con questa storicizzazione così evidente”, dice don Maurizio. Quelli che attirano lo sguardo sul sagrato della parrocchia di San Bartolomeo, “potrebbero essere i migranti che ci sono al confine con la Polonia, o lungo la rotta balcanica, o a Lesbo… Il presepe può e deve far riflettere e interrogare. E poi c’è quello
che può succedere” attorno a questa originale rappresentazione della Natività. Non è solo il tentativo di un presepe più originale del solito, ma per ‘vedere’ “quello che succede attorno a questo presepe: qualsiasi cosa accadrà”, dice don Maurizio, sarà un ‘segno’.
Ad esempio, “se non succedesse nulla”, se cioè non scuotesse le coscienze, “anche quello sarebbe un messaggio, direbbe qualcosa”, equivarrebbe all’atteggiamento di chi dice “non ho visto, non ho voluto vedere”. Così come, tra i parrocchiani, si scherza su quanto durerà questo presepe: se, per ipotesi, ci fosse chi lo prenderà di mira, “anche quello sarebbe un segno, se succedesse; il segno- ragiona don Maurizio parlando alla ‘Dire’- di una cosa che disturba, oppure di una violenza che è nelle cose, nella realtà quotidiana: potrebbero esserci reazioni intenzionali, dettate dalle ideologie, o potremmo assistere ad una manifestazione di violenza ‘aspecifica’”, vandalismo fine a se stesso, insomma. Si vedrà, questo “vuol essere un esperimento per vedere le reazioni”, quel che mette in moto, osserva don Maurizio: il presepe dei migranti “è, come fu la Natività, l’esprimersi di una contraddizione davanti alla quale ci si confronta”. E presto apparirà anche un volantino che spiega ai parrocchiani o ai curiosi come e perché è stato allestito questo presepe.

 «Agenzia DIRE»

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