di Stefania Melucci
NAPOLI – Il passato è tutto racchiuso in quel cartello scritto con il rosso: “Chiuso per camorra”, la speranza in un destino differente è a pochi metri, sulla spiaggia di Granatello, a Portici. I cugini Raffaele e Massimo Rossi, proprietari dello storico ristorante «Ciro a mare», incendiato nel 2009 per non essersi piegati al racket, hanno deciso di non arrendersi e di continuare la loro attività imprenditoriale in un chiosco, a due passi dal vecchio ristorante. Hanno avuto un permesso per 120 giorni e adesso hanno scelto di fare del club “La Vega” un vero e proprio presidio di legalità.«Non possiamo arrenderci – spiegano i cugini Rossi – Abbiamo ripreso questo spazio antistante il ristorante Ciro a Mare per dare un segnale forte e far capire che non vogliamo andare via dalla nostra città».
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TUTTO INIZIA NEL 2009 – Il ristorante «Ciro a mare» venne dato alle fiamme dal racket nella notte tra il 4 e 5 gennaio 2009, i titolari dopo l’incendio decisero di allontanarsi dalla città. In tanti si schierarono al fianco della famiglia Rossi, tra istituzioni e associazioni antiracket. Nel 2011, dopo la concessione edilizia da parte del Comune di Portici, iniziarono i lavori di ristrutturazione. Quel locale non è mai stato aperto, per questioni irrisolte, l’ultimo appello per la sua riapertura è stato lanciato da Tano Grasso ai candidati a sindaco di Portici lo scorso mese di maggio. Adesso attendono l’ok dalla nuova amministrazione.
IL FUTURO – Massimo e Raffaele non vogliono gettare la spugna, hanno voglia ed entusiasmo per coinvolgere i giovani del territorio in un ambiente sano e stimolante. Il club non sarà solo il posto giusto per bere un cocktail a due passi dal mare, ma sarà anche l’occasione per parlare di legalità attraverso le presentazioni di libri, interventi musicali e reading letterari. «Questo chalet è un simbolo di bene e un luogo sereno per giovani e adulti in cui ci si può confrontare, fare dibattiti culturali e trascorrere un po’ di tempo insieme – dice Giorgio Pisano, parroco e rappresentante dell’associazione antiracket cittadina “G. Panunzio”- Non è una legalità di facciata e di apparenza, ma l’espressione di una imprenditorialità pulita e trasparente».