di Antonella Migliaccio
ROMA. Non è un Paese per vecchi. Nonostante l’aumento costante della popolazione anziana e una delle aspettative di vita più alte al mondo, l’assistenza per gli over è sottodimensionata. Almeno quella che viene loro offerta dalle Residenze Sanitarie Assistenziali, tra posti carenti, rette altissime e liste d’attesa che arrivano a sfiorare l’anno. È quanto emerge dal rapporto sulle RSA presentato oggi a Roma dall’Auser che ha realizzato la prima Indagine Nazionale sulle strutture dedicate all’assistenza degli anziani non autosufficienti, gestite direttamente o tramite convezione dal Servizio Sanitario Nazionale.
I DATI. In Italia sono presenti 240 mila posti letto residenziali, ma ne servirebbe il doppio, secondo l’Auser. Il fabbisogno rilevato dalla Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza viene stimato infatti intorno ai 496 mila posti. Anche l’assistenza domiciliare integrata appare carente e non sufficiente: viene erogata a circa 527 mila anziani, a fronte di una richiesta di 870 mila persone. Dati che, se si guarda al futuro, sono solo destinati a crescere. Secondo il Censis sono circa 4,1 milioni i cittadini italiani non autosufficienti e, di questi, la gran parte (3,5 milioni) è fatta di anziani. Se si pensa che gli ultraottantenni arriveranno nel 2060, secondo l’Istat, a rappresentare il 15,5% della popolazione, contro il 6% del 2011, si comprende che siamo di fronte a un paese dall’invecchiamento inesorabile, che dovrà porsi il problema di una domanda di servizi socio-sanitari crescente e di una spesa pubblica destinata anch’essa all’aumento. Ma a prendersi cura degli anziani sono oggi in Italia ancora troppo spesso le famiglie, con o senza ricorso a badanti: solo il 2% degli ultra 65enni è infatti ricoverato nelle case di riposo, l’1,8% nelle Rsa e il 3,6% viene seguito con l’assistenza domiciliare integrata.
MAGNANO. Un sistema sull’orlo del collasso, secondo Michele Mangano, presidente nazionale Auser, che chiede controlli più severi sul funzionamento sia delle case di riposo private che delle RSA. «Noi sosteniamo da tempo – afferma Mangano – che si deve spingere verso la domiciliarità, verso un sistema a rete che sul territorio aiuti e sostenga le famiglie nel lavoro di cura dei non autosufficienti. Ma il problema della non autosufficienza nel nostro Paese continua a non essere affrontato con serietà e responsabilità, c’è il rischio concreto di un collassamento di tutto il sistema».
La situazione dei posti letto nelle RSA appare poi molto differenziata su tutto il territorio nazionale visto che l’80% dei posti letto nelle strutture sanitarie residenziali è presente al Nord, con 590 posti letto ogni cento mila residenti, contro i 209 del Centro Italia e i 73 del Sud e delle Isole. E la carenza fa anche lievitare i prezzi visto che, insieme a Piemonte e Lombardia, sono Campania e Sicilia le regioni con un maggiore aumento delle rette. A giugno del 2012 per ogni persona il costo andava dai 52 ai 60,5 euro al giorno, con una spesa media mensile pari a 2.951 euro, sostenuta per 1.505 euro dalle ASL, per 1.375 dall’assistito e per 71 euro dai Comuni. Per non parlare poi dei tempi di attesa che, soprattutto nelle strutture in grado di ospitare utenti non autosufficienti, vanno dai 90 ai 180 giorni, con picchi che, ad esempio nel Lazio, possono arrivare fino a undici mesi.
Tra rette in aumento e richiesta crescente, gli affari delle RSA vanno a gonfie vele. Il settore non sembra risentire della crisi ma, al contrario, fa registrare continui investimenti e utili alti, con l’ingresso nel nostro paese anche di operatori stranieri. Un vero e proprio “sistema delle imprese Rsa”, viene definito da Auser che si avvicina molto a quello aziendalistico, con un forte ricorso a logiche gestionali di profitto.

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