NAPOLI. Sorride con i pochi denti che le sono rimasti, mentre trascorre le giornate in quel posto sicuro dove vive dalla fine di luglio. Un luogo lontano dalle brutture che, probabilmente, è stata costretta a subire sin da quando è nata. Una vita, la sua, che – seppure breve – è stata costellata, giorno per giorno, di stenti, degrado e violenze.
LA STORIA. Protagonista dell’ennesima storia di infanzia negata è Mina (il nome è di fantasia), una bimba somala di 5 anni, strappata ad un’esistenza di crudeltà e indigenza grazie all’intervento di una coraggiosa assistente sociale. Tutto era cominciato qualche settimana fa a Qualiano, nella provincia di Napoli, dove una donna all’uscita della messa domenicale dalla parrocchia del paese aveva notato una scena da far venire i brividi: su un balcone una bambina nuda, insieme al papà semi nudo e ad un altro uomo cui venivano consegnati dei soldi. Ciò che ha spinto un’assistente sociale del posto, M. C., a segnalare alle autorità competenti le condizioni in cui era costretta a vivere la piccola. Scattato il blitz degli agenti di polizia municipale, accompagnati da rappresentanti delle istituzioni locali e dei servizi sociali, lo spettacolo davanti al quale ci si è trovati di fronte era da film dell’orrore: un tugurio fatiscente dove vivevano in tre (madre disabile, padre 64enne che lavorava come carrozziere e la loro figlioletta), un angolo adibito a toilette essendo i servizi igienici inesistenti, un odore nauseabondo di escrementi in tutto il locale, niente corrente elettrica, né acqua né gas. Ma soprattutto lei, una bambina di soli 5 anni denutrita, indifesa e vittima di presunti abusi. Un’ipotesi, quest’ultima, da incubo che dovrà essere accertata, ma che sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) essere fondata date le diverse segnalazioni dei cittadini e di alcuni assistenti sociali. Mina ora è al sicuro in una casa famiglia, dove mangia, gioca ed è felice con i suoi coetanei e con i volontari che le danno affetto. L’unica cosa che una bimba della sua età dovrebbe ricevere da chi le vuol bene.
di Giuliana Covella