© Yannis Behrakis | Guardian photographer of the year 2015
© Yannis Behrakis | Guardian photographer of the year 2015

ROMA – Sono passati tre anni da quando nel Canale di Sicilia, al largo di Lampedusa, avvenne una delle più gravi stragi di migranti. Era il 3 ottobre del 2013: persero la vita 386 persone, tra cui anche molti bambini. Si celebra oggi, per ricordare quella tragedia, la prima giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita con la legge 21 marzo 2016, numero 45. In questo giorno si ricordano tutti quegli uomini, donne e bambini che per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria, hanno perso la vita in mare nella speranza di trovare un futuro migliore in Europa. Ma la giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione deve servire anche a riflettere su una emergenza che l’Europa non riesce ancora ad affrontare a dovere. Nel 2016 si stimano già circa 4000 morti, in aumento rispetto agli anni precedenti, e in gran parte nella rotta del Mediterraneo centrale verso l’Italia. E dal 3 Ottobre 2013 ad oggi la lista dei morti e dispersi si è allungata di oltre 11.400 persone secondo l’Unhcr.
GUS – “A distanza di tre anni è ancora oggi forte il dolore per quelle vittime innocenti – dichiara Paolo Bernabucci, presidente del GUS Gruppo Umana Solidarietà “Guido Puletti”, Ong che da oltre 15 anni si occupa dell’accoglienza di rifugiati, richiedenti protezione internazionale e migranti – Purtroppo quella del 3 ottobre 2013 non è stata l’ultima tragedia nel Mediterraneo e in mancanza di misure adeguate e politiche di accoglienza integrate, ogni giorno continuano a morire al largo delle nostre coste centinaia di persone: da ultimo il 21 settembre scorso al largo delle coste egiziane ci sono stati altri 300 morti, portando il bilancio del 2016 a 3.500 con il rischio di superare le 3771 vittime in mare del 2015. Non possiamo continuare ad ignorare le richieste di aiuto di quanti fuggono dalla guerra, dalla disperazione e dalla miseria, nella speranza di trovare nel nostro Paese e in Europa una vita più sicura e dignitosa”.
FOCSIV  – Sottolinea, invece, Gianfranco Cattai, Presidente FOCSIV: “È indispensabile, subito, nel breve periodo, da un lato creare corridoi umanitari e offrire vie legali di mobilità come alternative ai viaggi della morte e dall’altro fermare i conflitti, dalla Libia alla Siria, al Sudan, con un lavoro di diplomazia della pace ed estinguendo il commercio delle armi. Al contempo, con effetti più nel medio e lungo periodo, è necessario investire, per il diritto a rimanere sulla propria terra ed a vivere con dignità delle popolazioni del Sud, in politiche volte alla cooperazione ed alle relazioni economiche giuste, ed in azioni che blocchino le fughe dei capitali nei paradisi offshore, le evasioni e le elusioni fiscali delle imprese, le speculazioni finanziarie, l’accaparramento e lo sfruttamento insostenibile di terre, acqua e risorse naturali, le privatizzazione dei bei comuni, che impoveriscono le popolazioni più vulnerabili spingendole a migrare”.
 

di Francesco Gravetti

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