NAPOLI – Assunta Legnante, nata a Frattamaggiore, ha vinto il suo secondo oro nel getto del peso alla paralimpiadi di Rio, confermandosi la migliore al mondo in questa specialità. Già recordista italiana, prima di diventare cieca, a Rio è stata il capitano della squadra d’atletica ed è da anni un punto di riferimento per tutto il panorama sportivo italiano.
Assunta, è arrivato un altro oro, che emozione si prova?
Innanzitutto soddisfazione perché questa medaglia è arrivata dopo un problema alla schiena e sudando fino all’ultimo lancio. Confermarsi a Rio è stato molto più difficile, a Londra ho vinto con 5 metri di distacco, mentre stavolta è stata gara vera.
I giornali durante la sua carriera hanno pensato di poterla vedere gareggiare con i normodotati, cercherà di farlo in futuro?
È stato detto più volte che potevo gareggiare con i normodotati in base alle misure dei miei lanci, però non è mai stato il mio obiettivo. Ora faccio parte di questo mondo e lo sento mio. In più gli sport paralimpici stanno crescendo, lo vediamo già da molto tempo guardando i risultati degli atleti nelle manifestazioni internazionali. Rammarichi non ne ho: ancora oggi ho il record italiano anche nei normodotati. Ricordiamoci che il mio caso non è isolato, non sono la prima atleta che passa allo sport paralimpico dopo una malattia o un’amputazione. Casi come il mio possono succedere anno per anno, quindi improvvisamente può entrare in qualsiasi disciplina un atleta di ottimo livello.
Sta crescendo anche l’attenzione generale per lo sport paralimpico?
L’attenzione sul mondo paralimpico si nota solo nell’anno dei giochi. Dura alcuni mesi e poi scompare. Quest’anno non trovo differenze, la gente purtroppo scopre la nostra esistenza solo per quattro o cinque mesi.
Che differenze c’è  tra gli atleti normodotati e tra quelli con disabilità?
Nel periodo in cui si svolgono i giochi olimpici non noto particolari differenze. Certo il premio nei giochi per normodotati è più sostanzioso (ride). Scherzi a parte non vedo grosse differenze tra l’atleta olimpico e quello paralimpico nemmeno agli occhi degli italiani durante i giochi. Siamo tutti italiani davanti ad un inno nazionale o una medaglia vinta. Personalmente ho un rapporto migliore con gli atleti paralimpici, semplicemente perché la delegazione è più piccola. In più nelle olimpiadi per normodotati le varie squadre viaggiano separatamente mentre noi, di solito, partiamo e rientriamo tutti insieme, quindi viviamo i giorni al villaggio olimpico e le varie gare più a stretto contatto.
Perché non si allena più in Campania?
Ormai sono 14 anni che non vivo più a Frattamaggiore. Prima sono andata a vivere ad Ascoli Piceno, poi da tre anni vivo a Porto Potenza Picena, in provincia di Macerata, e mi alleno a Civitanova Marche, che è a due passi. Il problema all’epoca era chiaro: ero una promessa nel mio sport e volevo diventare una certezza. Ho dovuto fare una scelta, all’inizio vivevo due settimane a Frattamaggiore e due ad Ascoli Piceno, poi mi sono trasferita definitivamente per avere la certezza degli allenamenti ed abbattere un ulteriore stress. A quei tempi per allenarmi in una pista d’atletica andavo a Villa Literno o a Formia. A Frattamaggiore, per anni, mi sono allenata in strada, vicino al cimitero di Sant’Arpino, ovviamente non era una situazione che poteva continuare a lungo.
In Campania c’è cultura sportiva?
Non c’è una cultura diffusa dell’atletica, anche se società sportive ce ne sono tantissime. Occorre voglia di far emergere l’atletica a Napoli e in Campania, che stenta ad affermarsi principalmente perché ci sono pochi stadi, poche piste d’atletica e l’attenzione c’è solo per il calcio. Penso che l’atletica in Campania sia addirittura in calo.
Perché un disabile dovrebbe fare sport?
Il nostro obiettivo primario è portar fuori i disabili, fargli capire che hanno ancora la possibilità di affermarsi come individuo. Nessuno deve farsi fermare dal loro proprio problema fisico e nemmeno si deve vergognare di averlo. Noi atleti paralimpici lavoriamo anche per questo: fare presentazioni, tour nelle scuole ed eventi di promozione è assolutamente necessario per diffondere cultura sportiva.

di Daniele De Somma

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