milioni-di-profughi-per-il-climaROMA – Tempeste e alluvioni sempre più di frequente costringono intere popolazioni a spostarsi, ad abbandonare le proprie abitazioni per cercare posti più sicuri. E i numeri sono impressionanti: dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi. Dopo tempeste e alluvioni (che secondo IDMC, Internal Displacement Monitoring Centre, hanno rappresentato l’85% della cause) vengono i terremoti. Sono dati contenuti nel rapporto “Migrazioni e cambiamento climatico” a cura di CeSPI, FOCSIV e WWF Italia rilasciato alla vigilia della COP di Parigi, la XXI Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) che si terrà nella capitale francese dal 30 novembre al 11 dicembre del 2015.

ADDIO CITTA’ COSTIERE? Anche l’aumento delle temperature dell’aria e della superficie dei mari desta forti preoccupazioni: James Hansen, eminente climatologo già direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA, prevede un possibile aumento del livello del mare di 5 metri entro cinquanta anni, se si raggiungessero e superassero i 2°C di aumento della temperatura. Ciò vorrebbe dire la perdita della maggior parte delle città costiere. Per i piccoli stati insulari e le regioni dei delta dei fiumi, l’innalzamento del livello dei mari potrebbe avere conseguenze catastrofiche, soprattutto se associato all’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi come i tifoni. Con un aumento delle temperature di 4 gradi, sarebbero a rischio il Mediterraneo, il Nord Africa e il Medio Oriente, ma anche i paesi dell’America Latina e i Caraibi.

IL REPORT – A essere colpite anche tutte le attività economiche umane, a partire dall’agricoltura. E’ facile prevedere che questo porterà intere popolazioni a subire enormi difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni elementari, specie se alla scarsità delle risorse e alla gravità dei fenomeni meteorologici estremi si assoceranno conflitti per il controllo delle risorse, aumento della violenza e disgregazione sociale. Il report individua 5 “forme” di spostamento: migrazioni di carattere internazionale; a carattere permanente e di spostamento di interi nuclei familiari; sfollati interni e profughi a livello internazionale a causa di calamità naturali improvvise (il caso limite delle piccole isole del Pacifico, Kiribati o Tuvalu); ricollocazione di intere comunità per ridurre la loro esposizione a grandi rischi naturali e climatici .

IL PELLEGRINAGGIO – Il fenomeno migratorio è complesso e le cause sono interagenti (in Siria questioni politiche si sono intrecciate con la più forte siccità degli ultimi 40 anni), ma CeSPI, FOCSIV e WWF Italia chiedono alle istituzioni e propongono alla società civile una riflessione sugli strumenti legali internazionali: «Affinché non siano discriminanti verso le persone in difficoltà o che hanno necessità di spostarsi, ma riconosca i diritti a chi fugge dai sempre più frequenti disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici; occorre creare nuovi regimi dei flussi a livello regionale fondati sul riconoscimento dei diritti dei migranti, integrati nei piani di adattamento al cambiamento climatico», spiegano le associazioni. I cambiamenti climatici, le ricadute sulle popolazioni più vulnerabili e le conseguenti migrazioni sono al centro del pellegrinaggio “Una Terra. Una Famiglia Umana / People’s Pilgrimage” organizzato da FOCSIV – Volontari nel Mondo, per la tappa italiana, e guidato da Yeb Sano, ex – ministro ed ex-negoziatore per i cambiamenti climatici della Repubblica delle Filippine, che sta attraversando, in questi giorni, l’Italia alla volta di Parigi per la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP21) di dicembre. Il pellegrinaggio per le tappe italiane è sostenuto dalla Coalizione Italiana per il Clima, di fa parte anche il WWF.

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di Francesco Gravetti

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