BOLOGNA. Poco lavoro e poco qualificato. Ecco com’è il lavoro dei detenuti dentro la Dozza. E quello esterno è ancora meno. Su 900 detenuti presenti nella Casa circondariale, di cui la metà in attesa di giudizio (su 490posti) sono meno di 120 quelli che lavorano dentro il carcere e una ventina all’esterno (circa il 15% in totale). È quanto è emerso dalla seduta congiunta delle Commissioni delle elette e sanità sull’udienza conoscitiva su lavoro e formazione all’interno della Dozza chiesta dal consigliere comunale Francesco Errani.

PRINCIPIO DELLA COSTITUZIONE – «Tra gli elementi che recepiscono i principi della Costituzione che punta alla rieducazione della pena il lavoro è quello più importante – ha detto Ione Toccafondi, direttrice della Dozza – Lo dimostra il fatto che gli atti di autolesionismo aumentano il primo giorno del mese, quando un detenuto scopre che non lavorerà nemmeno per quel mese».

MENO ORE, PIU’ LAVORATORI – «Per far lavorare più persone, infatti, i lavori interni sono svolti per 3 ore al giorno e a turni mensili. Si tratta, comunque, di lavori poco qualificati di preparazione pasti, pulizie o lavanderia che, continua Toccafondi, «mantengono la struttura ma non insegnano un mestiere spendibile all’esterno». La situazione, però, è in lieve miglioramento. «Il numero dei detenuti è calato – ha spiegato Desi Bruno, garante regionale dei diritti dei detenuti – in regione siamo scesi sotto i 4mila, quindi i problemi di lavoro legati al sovraffollamento potrebbero ridimensionarsi e ciò potrebbe anche favorire l’ingresso delle imprese».

di Rebecca Montini

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