MANAMA. In Bahrein si paga a caro prezzo la libertà. In un documento pubblicato da Amnesty International si legge che, a due anni dalle proteste del 2011, i prigionieri di coscienza restano dietro le sbarre e gli attivisti continuano a essere incarcerati solo per aver espresso le loro opinioni attraverso i social media o in occasione di manifestazioni pacifiche. Le vittime della repressione statale dicono che la giustizia resta vaga e le restrizioni sono ancora in vigore, nonostante le recenti riforme istituzionali. «Il governo del Bahrein non può  continuare a incarcerare semplicemente perché non riesce ad accettare le critiche. È ora che le persone detenute semplicemente per aver esercitato il loro diritto alla libertà’ d’espressione siano rilasciate e che sia posta fine al maltrattamento degli altri attivisti», ha affermato Hassiba Hadj Saharoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Nel mese scorso, Amnesty International ha condotto una missione in Bahrein durante la quale ha incontrato sette prigionieri di coscienza detenuti nel carcere di Jaw. Tutti hanno riferito di essere stati incarcerati sulla base di false accuse o secondo leggi repressive dei diritti fondamentali.

di Mirko Dioneo

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