insuperabili, giocatori salernitanaSALERNO- Il primo sole di maggio scotta appena la pelle e come ogni sabato mattina l’allenatore chiama all’ordine i ragazzi che si preparano per il riscaldamento. Il campo è il Volpe, dove si allena la Salernitana neopromossa in serie B, gli atleti sono gli “Insuperabili”, un gruppo di persone con diverse disabilità mentali, entrate a far parte di un progetto che coinvolge la scuola calcio della più importante squadra cittadina. «I ragazzi, io li chiamo ancora ragazzi anche se alcuni sono anche più grandi di me, sono entusiasti di questo progetto, – racconta Carlo Noviello, presidente del Villaggio di Esteban che da sempre si occupa di interventi e servizi in campo socio assistenziale, e promotore dell’iniziativa – un progetto che si è concretizzato quando la salernitana, venuta a conoscenza della nascita della nostra squadra, ci ha dato la possibilità di legarci alla loro scuola calcio ufficiale. Il direttore sportivo Fabiani, ha accolto le nostre richieste dandoci questo spazio e le attrezzature, casacche, divise, palloni, tutto ciò che serve ad una vera squadra». Un modo diverso di dare risposte alla disabilità, accogliendo 12 ragazzi con differenti problematiche, appartenenti a varie associazioni dislocate sul territorio. Si riuniscono insieme una volta a settimana, seguiti dagli educatori e allenati da Gianluca Raffone, psicologo e preparatore atletico, che cura l’aspetto sportivo, li accompagna nel percorso e li assiste.

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«La scorsa settimana gli “Insuperabili”, dove “in” sta per inclusione, “super” per superamento delle disabilità, “abili” a sottolineare come anche la stessa disabilità sia un’abilità seppur diversa, si sono allenati con alcuni giocatori della Salernitana che erano sul campo, – continua Carlo Noviello- sono stati molto disponibili con i ragazzi, hanno fatto una partitella con loro, abbiamo scattato delle foto insieme, una grande felicità per i ragazzi e un motivo di vanto e orgoglio per loro, anche il solo vedere il cavalluccio sulla propria maglietta». Nel guardarli giocare tutto questo si percepisce, l’appartenenza, l’amicizia, la confidenza, nonostante disabilità come l’autismo o la schizofrenia cambino in modo sostanziale l’approccio all’altro, lo sport è un collante che guarisce. Ci fa davvero credere che questi “eterni ragazzi” siano insuperabili e che in questa cura non vi sia nulla di sintetico o artificiale se non l’erbetta del campo che calpestano.

di Sara Botte

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