E all’improvviso si fermò. Ed il mondo si fermò. All’improvviso si fermò. Così per guardarsi dentro un po’. E scoprì di avere molti più difetti di quanto immaginava.

Uno di questi è la fragilità economica ed il rischio di infiltrazioni mafiose che avanza sempre più minaccioso. Cerchiamo di tracciare uno scenario post contagio con imprese sul lastrico bisognose di liquidità immediata e poca burocrazia. Il campo ideale per le organizzazioni mafiose. Siamo pronti ad affrontare questa nuova offensiva? Ovviamente no, nessuno ne parla e nemmeno si pone il problema. Nel frattempo le mafie ormai avranno invaso il mondo. Ogni settore, ogni attività suscettibile di profitto ormai è potenzialmente a rischio di infiltrazione mafiosa. Con danni immaginabili o, anzi forse inimmaginabili nell’economia dei Paesi che subiscono l’attacco mafioso. Purtroppo a questa maturata consapevolezza, però, non corrisponde una lotta seria e senza quartiere alle mafie, unico vero presupposto per una crescita reale delle economie moderne. E così anche nel nostro Paese langue come fosse l’ultimo dei problemi. Manca una analisi precisa. Le mafie ormai sono strutture complesse e assumono connotazioni profondamente diverse nel nostro Paese, alcune delle quali ancora quasi sconosciute. Peraltro già da tempo hanno invaso l’Europa e sono diventate ancor più potenti e pericolose. E in questo contesto di assoluto allarme, è lasciata sola ad occuparsene la magistratura in prima linea e si è irrimediabilmente abbandonata la strada della strategia politica di sradicamento delle mafie in Italia ed in Europa.
È colpevolmente miope chi non capisca come un piano efficace di lotta al crimine organizzato, oggi più che mai, possa determinare un recupero di risorse economiche ( oggi criminali) per finanziare gli investimenti e tanto importanti addirittura da contribuire a risanare il debito pubblico, oltre a determinare un recupero di credibilità per attirare investimenti sani anche stranieri, non solo per il Meridione. Molti sono i punti deboli anche quando, poi, si riesce a sottrarre risorse alla criminalità organizzata. Alla ripresa, dopo questa emergenza, non sarà più tollerabile una siffatta sottovalutazione del problema. E purtroppo gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Non intervenire significa essere conniventi con le mafie o quantomeno contribuire ad alimentare nell’opinione pubblica questa impressione. Tutti effetti profondamente negativi per chi lotta tutti i giorni nel tentativo di dare proprio il messaggio opposto, quello cioè che le mafie si debbono e si possono sconfiggere. Da soli però non si va lontano e non c’è più tempo da perdere. Prendiamo atto degli errori commessi ed imbocchiamo decisi la strada alternativa. Ci vorrebbe un piano strategico contro le mafie per impedire i continui travasi di capitali illeciti nel circuito legale. Per scoprire i soggetti che riciclano danaro sporco contribuendo con decisione ad alimentare e sostenere il sistema criminale. Sul fronte delle confische, poi, ci sono studi che dimostrano come sia necessario vendere subito questi beni o quantomeno metterli sul mercato finché non siano vandalizzati o resi comunque inservibili e poco appetibili. Fin quando cioè da beni di valore si trasformino in cose da buttare o addirittura su cui spendere altri soldi pubblici. La dimostrazione sta nel fatto che neanche i Comuni ormai li vogliano più, perché la loro gestione sarebbe antieconomica. Prevediamo una filiera controllata da un organo forte e pienamente operativo in cui inserire le società e le imprese sequestrate che siano realmente in grado di restare sul mercato. Tracciamo una strategia affidabile di recupero e riutilizzo economico, fermo restando l’impiego a fini sociali dei beni simbolo nella lotta al crimine organizzato. La strada è tracciata e bisogna percorrerla con decisione e rapidamente. Tutto il resto sono chiacchiere e triste cronaca di un fallimento annunciato. Purtroppo nonostante se ne parli diffusamente ed ormai sia unanimemente riconosciuto da almeno oltre trenta anni che le mafie rappresentino un problema serio del nostro Paese, fattore di sottosviluppo economico e di arretratezza culturale, stenta però ad affermarsi la necessità di uno studio serio in materia, che possa condurre ad individuare ed applicare una strategia efficace di eradicamento delle mafie. Se ne parla spesso a sproposito e con poca consapevolezza. Quindi le soluzioni proposte, spesso propagandate come la panacea di tutti i mali, sono poco fruttuose se non addirittura inconcludenti. Le mafie, non solo nel nostro Paese, sono un problema serio, ma non si affrontano con serietà a tutti i livelli. È come se si volesse combattere il cancro ricorrendo a riti tribali e a pratiche antiquate.
E mentre alcuni di noi combattono con mille difficoltà per cercare di formare una coscienza tecnica adeguata al problema, le mafie continuano a prosperare, adeguandosi rapidamente ai marcati internazionali ed alle innovazioni tecnologiche. La lotta alle mafie deve essere soprattutto aggiornata altrimenti è destinata a fallire, come è accaduto fino ad oggi. Sembra una affermazione forte, quindi forse è meglio chiarire. La magistratura riesce con grandissimi sforzi a tamponare le emergenze territoriali, ma manca una seria strategia complessiva per evitare che il fenomeno mafiosi si ripresenti con modalità ancor più aggressive anche se con interpreti differenti. Per ritornare all’esempio di prima, somministriamo la Tachipirina per far scendere la febbre, ma la fonte del male resta lì intatta. E non vogliamo o sappiamo estirpare la causa della malattia. Questo può essere fatto solo da uno Stato Apparato consapevole e complessivamente impegnato su questo fronte. Come è accaduto in passato per fenomeni ben più complessi ed ideologicamente più radicati come il terrorismo.
In Italia sembra quasi che la presenza delle mafie ormai sia considerato come un male necessario, quasi come un fenomeno ineludibile. Noi magistrati, invece, abbaiamo dimostrato coi fatti che non è così.
Che si può combattere e vincere.
di Catello Maresca, Magistrato, sostituto procuratore della Corte di Appello di Napoli