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ROMA. Anche la maggiore marca di blue jeans al mondo, Levi’s, ha preso l’impegno di eliminare ogni sostanza pericolosa nella sua filiera di produzione e nei prodotti entro il 2020. Un risultato reso possibile dagli oltre 200.000 consumatori che in appena una settimana hanno firmato la petizione a Levi’s, alle decine di migliaia che sono entrati in azione attraverso Facebook e Twitter e alla proteste organizzate da Greenpeace fuori dei negozi Levi’s in oltre 80 città di tutto il mondo. È l’ennesima successo della campagna “Detox” di Greenpeace che nei giorni scorsi ha registrato anche l’adesione di marchi come Esprit e Mango. «Adesso più che mai è chiaro che le grandi marche come Levi’s non possono ignorare le centinaia di migliaia di persone che con Greenpeace chiedono una moda pulita» – afferma Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace. «È ora che anche Calvin Klein, Gap e Victoria’s Secret si impegnino all’eliminazione delle sostanze pericolose».
L’IMPEGNO. Levi’s chiederà da subito a 15 dei suoi maggiori fornitori (ognuno con più impianti) in Cina, Messico e altri Paesi in via di sviluppo, di rendere noti i dati dell’inquinamento che essi causano, al più tardi entro giugno 2013. Seguiranno altri 25 fornitori principali, entro la fine del 2013. Tutto ciò permetterà a chi vive nei pressi di queste fabbriche di ottenere informazioni cruciali sullo stato di salute delle proprie risorse idriche.Impegnandosi a usare sostanze alternative a quelle più pericolose, Levi’s diventa l’undicesimo marchio ad assumere impegni credibili da quando Greenpeace ha lanciato la campagna Detox, nel 2011. Una parte importante dell’impegno di Levi’s è volta all’eliminazione entro il 2015 dei PFC (composti perfluorinati) alcuni dei quali sono persistenti, cancerogeni e con effetti su sistema nervoso, sistema endocrino, accrescimento e sviluppo. Levi’s si è anche impegnata a fare da leader nel settore, promuovendo l’adozione di alternative non pericolose entro il 2015.
LA CAMPAGNA. “Detox” di Greenpeace chiede alle marche della moda di impegnarsi a non rilasciare, entro il 2020, sostanze chimiche pericolose nell’ambiente, e a chiedere ai fornitori di rendere note alle comunità locali circostanti gli impianti di produzione le quantità di tali sostanze rilasciate negli scarichi in acqua.