Una missione filantropica portata avanti in solitaria, senza tanto clamore ma con così tanto trasporto emotivo da arrivare a dire che «la mia ipersensibilità temo mi abbia rovinato la vita». Angela Sorge, una donna a dir poco tenace, si occupa da anni di aiutare senza fissa dimora, persone vulnerabili, stranieri spesso senza nulla, famiglie con difficoltà economiche del capoluogo e di diversi territori della provincia mettendo a disposizione il proprio tempo, le proprie risorse. E lo fa da sola, senza collaborare, se non saltuariamente, con associazioni o enti per sentirsi più libera. «Ciò che manca – afferma subito senza fronzoli Angela – sono quelle strutture che dovrebbero prendersi davvero cura di chi è fragile. I senza fissa dimora spesso non sanno dove andare anche per lavarsi o mangiare. Anche i trattamenti sanitari obbligatori per chi ha disturbi mentali non riescono ad incidere nelle cure perché dopo poche ore queste persone tornano in strada abbandonate, senza che nessuno le segua. E i casi sono dappertutto. Così non va, molti centri hanno chiusi ma le esigenze sono tante». Angela spiega il perché si affida principalmente al suo buon cuore, al suo istinto.  «Le associazioni ovviamente fanno tanto, ma non basta mai purtroppo perché le esigenze sono tante così come le difficoltà. Se un pasto o un indumento viene dato il giorno prima, deve essere dato anche il giorno dopo perché non è che i bisogni dei più deboli sono a giorni alterni».

L’abnegazione di Angela è encomiabile. «Quando scendo di casa per andare a lavorare o fare delle commissioni, tra un impegno e l’altro trovare sempre il tempo di sincerarsi delle condizioni di quelli che non hanno nulla. Il pensiero verso di loro è costante. Sarò pazza lo so, ma per me è diventata una parte irrinunciabile della mia vita e non riesco né voglio farne a meno». Ed ecco così che Angela assiste come- e forse più di altri – la donna di Bagnoli costretta a vivere su una panchina tra la propria spazzatura e a volte i propri escrementi con gli altri che la scansano; l’uomo in via Mergellina che ha perso tutto ma si illumina quando Angela passa a trovarlo portandogli biscotti o dolci. Il ragazzo d’origine africana al quale ha regalato un uovo di Pasqua. L’inquilina di un basso a cui regalerà un letto donatole da amica. La donna che staziona nel parcheggio di un supermercato di Sant’Antimo, con uno stato psicofisico evidentemente alterato, alla quale non risparmiano neppure degli sfottò. Insomma, un aiuto vero e spontaneo quella di Angela a una platea diversificata unita da una precarissima condizione. Somatizzare per le sofferenze altrui può rappresentare un elemento d’apprezzamento, in realtà tortura l’animo. «A Torre del Greco – racconta ancora Angela – una mia carissima amica deve fare i conti con la schizofrenia del figlio. Il caso è noto ma gli organi competenti tranne qualche approfondimento non sono mai intervenuti sul serio. Ho paura che possa succedere una tragedia, io sono preoccupata e penso ogni giorno alla donna e alla condizione dell’uomo» diventato fragile per motivi contingenti. «La mia auto è un deposito, c’è di tutto. Dovrei portare ad aggiustarla perché è stata danneggiata e a volte mi lascia anche a piedi ma non ho tempo, quello che ho preferisco dedicarlo agli altri, perché è uno degli scopi della vita a cui non voglio rinunciare: non l’ho fatto neppure nei mesi più duri della pandemia da Covid, mi immedesimo sin troppo in certe situazioni», spiega Angela concludendo: «Io ho collaborato e collaboro tuttora con dei centri che si occupano di bambini, di stranieri, di persone mentalmente fragili o dalle condizioni precarie ma il numero delle strutture a Napoli e in Campania si è assottigliato. Ci sono sempre meno servizi. I volontari non riescono ad aiutare tutti senza coordinamento o segnalazioni. Fra due mesi inizierà a venire il freddo, centinaia e centinaia di persone rischiano di rimanere all’addiaccio». Di sicuro troveranno in strada Angela ad aiutarli, esempio fulgido di altruismo senza fronzoli o catene burocratiche di sorta. Come dovrebbe sempre essere. 

di Antonio Sabbatino