NAPOLI – I bambini affetti dalla sindrome di Williams-Beuren sono molto socievoli ed estroversi. Il loro tratto distintivo è la spontaneità, insieme a quel sorriso che non manca mai. La sindrome di Williams è una malattia genetica rara non degenerativa che colpisce un bambino ogni 10mila nati. Non una patologia ereditaria, si tratta, piuttosto, di un “caso” dovuto alla delezione di un cromosoma. La sindrome interessa diverse aree dello sviluppo, quella cognitiva, psicomotoria e del linguaggio e si caratterizza per la particolare conformazione del volto dei ragazzi, simili quello a degli elfi: gli occhi dei pazienti appaiono molto distanziati, così come i denti, le labbra carnose, le guance paffute, il mento poco sviluppato e il naso rivolto verso l’alto. Particolari sono anche le anomalie oculari, con numerosi bambini che presentano un iride a forma di stella e strabismo. Questo tratto è caratteristico dei ragazzi con gli occhi chiari che vengono anche chiamati “bimbi con gli occhi a stella”.
 
LA STORIA – Francesca Russo è una di loro, uno degli oltre 3mila casi di sindrome di Williams presenti in Italia. E’ di Napoli, ha solo dodici anni ma le idee molto chiare sul futuro, vuole fare la ballerina e avere una vita indipendente. Un obiettivo che Francesca condivide con suo padre Mauro. “La mia speranza – racconta – è che in futuro mia figlia possa vivere una vita autonoma, io e mia moglie ci stiamo lavorando perché è fondamentale che si intervenga nei primi anni di vita”, in particolare con la riabilitazione “perché parliamo di una malattia genetica per cui, come spesso accade, non esistono cure. Ma certo, è possibile migliorare la condizione di questi bambini intervenendo con logopedia, psicomotricità e sostegno psicologico”. Attualmente, non esistono dati certi sulle aspettative di vita. Mauro spiega come l’associazione di cui è socio, l’Associazione Italiana Sindrome di Williams (http://www.aisw.it/), accolga anche pazienti adulti, “che hanno fino a 50 anni. Ma la malattia è in un certo senso recente”, scoperta negli anni ’60 da due pediatri, il neozelandese Williams e l’americano Beuren, che hanno delineato la sindrome e ne hanno descritto le principali caratteristiche. “Alcuni adulti – racconta Mauro Russo – vanno a lavoro, si muovono in motorino oppure in autobus mentre alcuni ragazzi partecipano alle gite scolastiche in totale autonomia. Intervenendo nei primi anni di vita tutto questo diviene più semplice e oggi quest’operazione è molto più facile grazie al FISH test che permette di avere diagnosi precoci ed esatte”.
 
SENSIBILI – “La nostra associazione – aggiunge Mauro – lavora anche e soprattutto per questo, per sensibilizzare sull’importanza di una diagnosi precoce, e per offrire supporto psicologico alle famiglie. Certo, il numero degli iscritti è ancora basso perché non tutti sono propensi a far sapere della malattia di cui soffre il proprio figlio”. Per Mauro, tra le problematiche quotidiane più gravi con cui devono confrontarsi un bambino con gli occhi a stella e la sua famiglia c’è sicuramente il deficit cognitivo, “che porta i nostri ragazzi a rapportarsi con persone di età superiore e inferiore. E’ chiaro che se si confrontano con i loro coetanei la differenza con i normodotati si avverte subito ed è difficile pensare a una vera integrazione con la classe. Per loro, è complicato anche fare una linea dritta su un foglio e questo, a scuola, è sicuramente motivo di stress”, un problema che spesso si supera con il supporto, in classe, dell’insegnante di sostegno. “Su questo spesso le famiglie si trovano a fare una lotta perché non sempre è semplice far valere i propri diritti. Ho un’esperienza personale in questo senso con una battaglia che ho dovuto perfino portare in tribunale per dimostrare che mia figlia ha bisogno ogni anno di un insegnante di sostegno. Eppure parliamo di una sindrome genetica che non scompare di certo con una piccola. Lo stesso discorso vale per il riconoscimento della 104 e l’inserimento nel mondo del lavoro. Le leggi ci sono ma spesso non vengono applicate”. Nessun problema, però, per quanto riguarda la socializzazione. “I ragazzi con la sindrome di Williams – dice il papà di Francesca – hanno una sensibilità che è al di fuori del normale, è una loro dote, ad esempio, guardare in faccia il proprio interlocutore e accorgersi subito se è felice o se, piuttosto, è giù di corda. Hanno tutti un carattere meraviglioso, sono spontanei e molto generosi. Hanno una marcia in più, nonostante tutte le difficoltà a cui vanno incontro”.

di Nadia Cozzolino

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