La necessità di cambiare passo attraverso l’aggiornamento delle normative che permettano, soprattutto ai piccoli comuni, di aumentare la performance relativa al riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata. È uno dei nuclei centrali della discussione del convegno “Riutilizzo a fini pubblici e sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata’’ tenutosi domenica 7 marzo nella sala Mariella Cirillo della Città Metropolitana di Napoli in concomitanza della giornata che ricorda l’approvazione, nel 1996, della legge 109 che integrava la precedente normativa Rognoni – La Torre del 1982, sulla restituzione alla collettività dei beni confiscati. A parteciparvi esponenti di Libera contro le Mafie, che pochi giorni fa ha reso pubblico il report sulla trasparenza beni confiscati nel Paese denominato “RimanDati’’ e diversi amministratori locali dell’area provinciale di Napoli.

I dati – Alcuni dati per entrare nel vivo della questione: stando al report di 85 pagine pubblicato a fine febbraio da Libera con gli studi condotti insieme al Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e a Legambiente, la città di Napoli si dimostra virtuosa in quest’ambito con 271 immobili confiscati ridestinati con un punteggio, che si riferisce agli indicatori individuati nel rapporto, di 76,52. Una soglia ben superiore alla media nazionale, che si ferma a 49,11. Ma le criticità di certo non mancano. Secondo le indagini condotte dalla Città Metropolitana di Napoli soltanto poco più della metà dei Comuni dell’area, 48 su 92 totali, sono riusciti a incidere sul riutilizzo dei beni confiscati. In difficoltà sono soprattutto quei Comuni di dimensioni limitate dove le risorse umane e le strutture organizzative a disposizione sono spesso carenti. Altro dato, negativo significativo riguarda la soglia limitata al 35,4% dei Comuni che pubblica sul proprio sito internet l’elenco dei beni confiscati da riassegnare. Per quanto riguarda la Campania, stando al report “RimanDati’’, i Comuni destinatari di immobili sottratti alla criminalità organizzata sono 131, 45 gli enti pubblici che hanno pubblicato l’elenco e 86 quelli che non l’hanno pubblicato con una media del 34%. “RimanDati’’ ha preso in esame 1076 Comuni su base nazionale, 670, cioè il 62% del totale, non pubblicano gli elenchi sul proprio sito internet, solo il 14%, ossia 56 Comuni, presenta i dati in formato aperto, il formato che consente la piena fruibilità da parte dei cittadini e degli utenti; ben il 35% dei comuni non specifica tra destinazione istituzionale o sociale del riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

Gli interventi – «Il report RimanDati – le parole di Riccardo Christian Falcone, responsabile beni confiscati di Libera Campania – oltre la dimensione della denuncia sulle inadempienze della Pubblica Amministrazione vuole richiamare tutti alle proprie responsabilità e a cogliere la grande opportunità legata all’utilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. Comuni hanno un ruolo centrale: garantire ai cittadini la piena conoscibilità dei dati e delle informazioni relative ai patrimoni confiscati. Accanto ad essi, però, anche i cittadini stessi sono chiamati a prendersi cura di questi beni pubblici, da un lato stimolando gli Enti Locali, in un rapporto di cooperazione e corresponsabilità, dall’altro sostenendo e valorizzando le esperienze di riutilizzo». Sulle procedure da cambiare, la consigliera metropolitana Elena Coccia con delega ai beni confiscati alla criminalità ravvisa: «La previsione, introdotta dai decreti proposti dall’allora Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di consentire l’alienazione senza vincoli dei beni confiscati è fortemente pericolosa perché si consentirebbe agli stessi clan, attraverso dei prestanome dal curriculum pulito, di rientrare nel possesso effettivo del bene». Il sindaco metropolitano Luigi de Magistris lancia a sua volta l’allarme: «La lotta al crimine sembra non essere una priorità. Da quando sono Sindaco abbiamo fatto tanto sia in termini di riutilizzo di beni confiscati che in termini di elaborazione di proposte per superare le farraginosità della normativa che disciplina questo settore, cercando anche di sostenere economicamente le associazioni e i soggetti assegnatari nella gestione. Perché è importante non solo sottrarre i beni alla criminalità organizzata, ma anche e soprattutto riutilizzarli a fini sociali». Conscio del buon lavoro fatto sin qui a Napoli sul riutilizzo dei beni confiscati, l’assessore comunale con delega Luigi Felaco annunciando un prossimo bando per la riassegnazione di altri 10 beni, chiede al Governo «un piano che dia la possibilità di finanziare le ristrutturazioni dei luoghi che permettano ai Comuni di poter dare risposte anche all’emergenza abitativa o alle organizzazioni del terzo settore oltre all’utilizzo proprio realizzando, faccio un esempio, un asilo. Ma spesso noi arriviamo a questi luoghi quando sono devastati». «Per risolvere le criticità per il Comuni più piccoli, Città Metropolitana può essere protagonista di un patto di collaborazione per supportare quei Comuni in difficoltà dal punto di vista delle risorse e del personale a partire dall’aggiornamento delle mappe sui siti dei singoli Comuni, alla gestione delle gare, alla concessione, alla vigilanza» conferma gli intendimenti il capo di gabinetto dell’ente di piazza Matteotti Enrico Panini. 

di Antonio Sabbatino