SIENA. Sono entrati nel vivo gli incontri della X Conferenza Internazionale di Studi sul Terzo settore che si sta tenendo in questi giorni a Siena. Anche il programma dedicato al “sistema Italia” è denso di appuntamenti e dai relatori stanno arrivando le prime proposte su come il sistema della coesione sociale possa dare un contributo concreto al Paese.
“Dalle comunità al sistema nazionale: radici, potenzialità e problemi” è stato il primo degli 11 workshop della sessione parallela “Il sistema Italia per la promozione della coesione sociale si racconta”. Con il coordinamento di Giorgio Righetti, direttore dell’Acri, hanno contribuito a raccontare le radici del sistema solidale italiano Giampaolo Barbetta della Fondazione Cariplo, Fausto Casini dell’ Associazione nazionale delle Pubbliche Assistenze, nonché, coordinatore della consulta del volontariato presso il Forum del Terzo Settore, Pietro Barbieri della rete di associazioni di supporto all’handicap (Fish) e Antonio d’Alessandro del coordinamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato (CSVnet).

L’incontro si è aperto dando una panoramica di quelle che sono le caratteristiche del Terzo Settore in Italia: le radici storiche e un sistema estremamente variegato, che ha tanti attori con ruoli diversi, ma con fortissime interazioni. Quest’ultimo aspetto, rappresenta al contempo positività ma anche debolezza del sistema. Come spiega Giorgio Righetti con un esempio citando la Toscana con il suo forte radicamento territoriale: nelle singole comunità tutti lavorano, ciascuno in modo indipendente, ma con uno scopo ultimo ben chiaro del bene per la comunità.
Al primo workshop Fausto Casini, presidente Anpas e Coordinatore della Consulta Provinciale del Volontariato presso il Forum del Terzo Settore, ha raccontato l’attività di soccorso dei terremotati dell’Emilia. 1800 volontari hanno contribuito a migliorare le condizioni fisiche e psicologiche della comunità colpita dalla catastrofe. Ma cambia la prospettiva: abbandonati i media mainstream, l’informazione è passa attraverso la relazione interpersonale tra i volontari e gli accampati; come pure attraverso i social network con un servizio che aggiorna e spiega il fenomeno, anche ai bambini.

Al volontariato si possono affiancare anche altri soggetti del privato sociale. Un esempio è quello delle Fondazioni. Giampaolo Barbetta, per Cariplo, introduce il ruolo che possono avere le Fondazioni bancarie per il welfare locale: sono soggetti neutri, in grado di coinvolgere una molteplicità di attori diversi, portando a riflessioni collettive che incrementano non solo il valore delle risorse finanziarie a disposizione delle comunità locali, ma anche il valore delle risorse intellettuali.

Un capitolo a parte lo meritano le aziende. Infatti, anche il mondo dell’impresa può incidere significativamente attraverso la “Responsabilità sociale d’impresa”. La quale non è che l’integrazione, nell’attività strategica di un’azienda, di elementi di riflessione di natura etica: è una manifestazione della volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di loro attività. Gianluca Magnani di Novartis ha portato l’esempio di come si possano gestire le diversità di genere, intese come produttrici, di ricchezza, creando una rete tra neo assunte e lavoratrici che occupano posizioni di responsabilità in azienda, con un apposito blog. Parcheggi rosa, campi estivi, asilo nido interno, opuscoli informativi e numerosi incontri, e workshop per accrescere la capacità di leadership nella donna, sono altri accorgimenti messi in atto che permettono alle donne che lavorano in Novartis una migliore conciliazione dei tempi lavorativi e familiari.
Giorgio Raggi di Coop Centro Italia evidenzia un altro aspetto importante: la motivazione al lavoro dei propri dipendenti, che porta ad una maggiore creatività, con una commercializzazione di prodotti mai omologati , ma sempre più innovativi. I lavoratori Coop sono incoraggiati a sentirsi parte di un progetto molto più in grande, e così riescono a dare il meglio di sé e ad accrescere il valore organizzativo sia dal punto di vista intellettuale sia finanziario.

Un’altra via per concretizzare la responsabilità sociale in azienda può essere la costituzione di un Comitato di Strategia e Sostenibilità. Ad illustrarlo Alessandro Profumo, presidente Banca MPS. Il Comitato fa capo al Consiglio di Amministrazione della Banca, è un presidio operativo che monitora quotidianamente l’attività della Banca, affinché questa affianchi alla funzione di gestione, la funzione di sostenibilità. Sulla differenza di genere invece, Profumo sostiene l’importanza della diversità all’interno delle organizzazioni: avere più donne in posizioni decisionali cambia il modo di pensare e cambia la cultura dell’azienda, e quindi, i profitti. L’attuale situazione del Monte dei Paschi non permette una corretta attuazione del principio di Sostenibilità: Profumo e il suo staff stanno lavorando per far sì che questa diventi di nuovo la base principale da cui partire per tutte le future azioni aziendali.

Ma il variegato è anche frammentato. Infatti, quando si ha eccessiva frammentazione diventa difficile costruire politiche comuni e condivise. Righetti sostiene che, così facendo, il volontariato è meno efficiente, ma che il concetto di efficienza non può essere in alcun modo il parametro di valutazione dell’operato dei volontari. Il volontariato deve essere partecipazione ed ha l’importante funzione di rappresentare le sensibilità dei cittadini.

La ricetta, in questo momento di crisi, non c’è per il direttore dell’Acri, ma l’invito è quello di fare un passo avanti per coordinarsi meglio e di più affinché aumenti la capacità d’impatto sui territori. Con questo scopo, le Fondazioni bancarie sono concretamente impegnate nel sostenere il welfare di comunità con percorsi innovativi.

Fausto Casini, prova a fare un altro passo verso la concretezza di un percorso possibile per il futuro. Innanzitutto, pensa che occorre mantenere la sostenibilità della propria attività, difendendosi dalle eccessive regole burocratiche che possono annientare la propria attività. Secondariamente, occorre che le associazioni – e in Anpas questo è un processo già in corso – lavorino su loro stesse e si interroghino se sono aperte ai giovani e all’innovazione, perché in questo vecchio modo di essere “non si sta più dentro”.

di Federica Pugliese La Corte

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