NAPOLI- «Le decisioni del Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria di allontanare dal contesto di illegalità e violenza i figli minori dei boss della ‘ndrangheta mostra come sia importante non disperdere la bontà, l’efficacia ed il coraggio del nostro sistema giudiziario minorile. E’ importante che il tema minori sia ricompreso all’interno di un Tribunale che veda loro come titolari per riportare a unità ogni questione inerente questi soggetti evitando interferenze derivanti da altre logiche o priorità. Serve impostare una riforma che, eventualmente, preservi ciò che di buono c’è rinforzando le strutture e la specificità dei diritti dei minorenni». Entra subito nell’ attualità Gianmario Gazzi, da circa un anno presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali ricordando come il tema degli allontanamenti dei minori, come forma di loro protezione e di contemporaneo sostegno alle famiglie, sia una della più delicate attività di questa professione, ma non certamente l’unica.
Parliamo, dunque, della professione di assistente sociale
«E’ una professione più viva e più forte che mai. Più desiderosa di svolgere i crescenti compiti che vengono assegnati agli oltre quarantatremila professionisti che la costituiscono. Una professione abituata a conquistarsi sul campo i propri diritti per darli, e non è un bisticcio di parole, agli altri».
Perché?
«Perché oggi come non mai si incontrano difficoltà nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali e perché la lunga crisi che attanaglia da un decennio il nostro Paese ha aumentato le ingiustizie, generato nuove povertà, prodotto emarginazione e solitudine. Oggi troppe persone faticano ad avere un minimo di dignità ed essere riconosciuti come titolari di diritti anche se è la stessa Costituzione che ci richiama a rimuovere le cause delle diseguaglianze e a portare le persone alla loro piena possibilità di espressione».
Quali le cause di tante difficoltà?
«I miei colleghi e io viviamo quotidianamente i continui tagli agli investimenti nel sociale, l’insufficiente numero dei professionisti dedicati, quadri normativi sempre più complessi, inaccettabili differenze tra le diverse parti del Paese come se la fruibilità dei diritti fosse una questione di latitudine. Con nuove problematiche che si affacciano al nostro orizzonte professionale in modo tumultuoso e spesso incontrollato. Penso al tema dei migranti e a quello collegato dei minori stranieri non accompagnati che è esploso negli ultimi anni. Anch’essi devono poter godere di quei diritti che troppo spesso sia nel nostro Paese che in Europa vengono a fatica riconosciuti. Si dimentica, purtroppo, di quanti europei siano fuggiti in altri continenti durante guerre e carestie. Più in generale non si può più accettare un sistema che, a seconda della Regione in cui si nasce, garantisce differenti servizi e differenti livelli di cura ed assistenza».
Il tema della povertà, quella minorile in particolar modo, è tornato prepotentemente di attualità
«I dati sono drammatici e con questi dati gli assistenti sociali fanno i conti ogni giorno. C’è un esercito di poveri che da anni attende il varo di un piano nazionale complessivo di contrasto e non più misure spot. Nel 2007 si contavano 1,8 milioni di persone povere. Ora questo numero è cresciuto di circa due volte e mezzo superando quota 4,5 milioni di unità: parliamo, tanto per intenderci, di oltre il 7% dei cittadini italiani. E il piano nazionale ancora non arriva e forse è meglio non arrivi se a questo tema non si dà un forte segnale di discontinuità rispetto al passato: per combattere la povertà l’Italia spende lo 0,1% del pil contro una media UE dello 0,4. Ogni commento sembra davvero superfluo».
Gli assistenti sociali devono anche confrontarsi con il tema del lavoro
«La drammaticità dei numeri degli italiani, e dei giovani in particolare, senza lavoro mostra che all’orizzonte si intravede lo sfaldarsi stesso del tessuto sociale di famiglie e comunità non più in grado di reggere gli effetti di una crisi che continua purtroppo a ripercuotersi principalmente sul fronte dell’occupazione. Questo sfaldamento indirizza il nostro impegno verso i giovani e le famiglie. Una disoccupazione giovanile che supera la soglia del 40% e la ripresa della precarizzazione contrattuale sono segnali molto preoccupanti. Mostrano che siamo in presenza di una vera e propria crisi sociale che il tradizionale welfare e le varie reti dei servizi alle persone e alle famiglie non sono più in grado di sostenere. Abbiamo vissuto anni in cui la spesa per il welfare è stata ridotta e ora che la crisi non accenna a regredire non si riesce più a gestire questi numeri».
Facciamo un gioco: Gazzi, per un giorno Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. I primi provvedimenti urgenti che firmerebbe?
«Facciamo un contro-gioco. Gazzi per un giorno Presidente del Consiglio. E lo sa perché? Perché il tema del sociale non potrà mai essere affrontato solo dall’ottica del Ministero in cui lei mi chiede di essere titolare. Serve, ecco perché vorrei essere Presidente del Consiglio, un approccio complessivo, strategico, che coinvolga tutte le forze del Paese. Quando diciamo che serve investire nelle infrastrutture immateriale del sociale ci riferiamo a tutta quella serie di interventi integrati e coordinati che mettono insieme e legano con un ideale filo rosso tutta una serie di azioni che rimandano ai temi della scuola, della ricerca, degli anziani, delle periferie, della casa, del welfare, delle carceri, della disabilità, degli immigrati, del lavoro. E potrei continuare all’infinito. Ma soprattutto richiamano al più generale tema del valore e del significato che l’ intero sistema-paese intende dare al welfare che è trasversale a tutte le scelte e a tutte le azioni che sono proprie di un società che voglia dirsi civile».

di Carmela Cassese

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