ROMA. Linea dura contro il razzismo da stadio. Questo è emerso dal vertice al Viminale fra la delegazione della Federcalcio (Abete, con i vice, Macalli e Albertini e il d.g. Valentini) e il capo della polizia, Manganelli, presenti il presidente dell’Osservatorio, Ciullo, il vice operativo, Massucci. Abete ha chiarito la posizione della Figc: «Se c’è la necessità di sospendere temporaneamente o definitivamente le partite per episodi legati al razzismo, non c’è nessun veto. Dobbiamo farlo, per contrastare il più possibile questo fenomeno. Non dobbiamo avere alcuna preoccupazione in questo senso, per quanto riguarda calendari, anticipi, posticipi, difficoltà nel programmare i recuperi. Non è questo il problema; il problema vero è allontanare dallo stadio tutti coloro che non hanno titolo a starci, perché inquinano la convivenza civile di un evento sportivo. Per questo è necessario andare avanti con un ulteriore rigore, per evitare situazioni di tolleranza su questo fenomeno». Abete ha voluto insistere sul fatto che la partita (lo spettacolo) non può e non deve più andare avanti ad ogni costo. Se non ci sono le condizioni per lo svolgimento in un contesto di civiltà, ci si ferma.
Per rendere operativo questo piano e creare «il massimo livello di contrasto», Abete ha sottolineato come «sia stato confermato l’obiettivo di raffinare e rafforzare la collaborazione di tutti i protagonisti dello stadio. È necessario trovare una maggiore capacità di concertazione fra giocatori, arbitro, quarto uomo e responsabile dell’ordine pubblico, al quale è riconosciuta la titolarità di valutare le diverse situazioni specifiche e ordinare eventualmente la sospensione delle partite. Ma è necessario fare sempre più squadra fra chi opera dentro lo stadio». Abete ha chiesto un aumento dei Daspo, ma ha anche spiegato che il gesto di Boateng non può essere riprodotto, in linea con quanto spiegato da Blatter: «La Figc ha espresso comprensione e condivisione perché andava inserito in un contesto particolare di un’amichevole». Ma deve essere l’arbitro, sollecitato eventualmente anche dal giocatore oggetto di cori o gesti razzisti, a chiedere lo stop (a tempo o definitivo) della partita al responsabile dell’ordine pubblico. Ma non si può lasciare il campo senza l’intervento di chi ha la titolarità per ordinarlo.
Mentre era in corso il vertice, la Disciplinare della Fifa ha condannato Ungheria e Bulgaria (è nel girone dell’Italia) a giocare a porte chiuse la prossima partita in casa per le qualificazioni al Mondiale 2014. Per l’Ungheria (22 marzo, contro la Romania), la sanzione è arrivata dopoché un gruppo di tifosi, durante l’amichevole del 15 agosto con Israele, aveva intonato cori antisemiti, mostrando alcuni simboli offensivi. Le scuse della federazione non sono bastate. La Bulgaria giocherà il 22 marzo contro Malta in uno stadio vuoto: durante la partita con la Danimarca, alcuni tifosi bulgari avevano fischiato e insultato Patrick Mtiliga, ogni volta che toccava la palla. Per la Bulgaria c’è anche una multa di 29 mila euro.

di Fabio Monti (corriere.it)

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