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ROMA – Qualche anno fa un noto programma satirico, di denuncia, intervistava i nostri parlamentari sul caso Darfur. Pochi, vergognosamente pochi, conoscevano di quella regione del Sudan occidentale straziata da dieci anni di sanguinosi conflitti etnici. Dieci anni che hanno lasciato sul campo 300 mila morti e due milioni di sfollati, ai quali le organizzazioni non governative non possono più fornire alcun soccorso. Infatti, persino alle più importanti ONG non è dato più operare nella realtà del Sudan, di prestare assistenza ai profughi, cosicché gran parte dei progetti di assistenza sanitaria e scolarizzazione sono stati sospesi e il paese abbandonato, inevitabilmente, a se stesso.
ITALIANS FOR DARFUR – In questo contesto si è inserita l’iniziativa umanitaria di Italians for Darfur, l’associazione per i diritti umani in Sudan, che, insieme a Unamid, la missione Onu in Sudan, sta profondendo il suo impegno nella ristrutturazione del Teaching Hospital di Nayala: un ospedale che costituirebbe l’unico presidio medico in grado di curare patologie gravi dalla chiusura del centro pediatrico e cardiochirurgico di Emergency. Infatti, attualmente, la situazione a Nyala è disperata e, per far fronte alle emergenze, è stato promosso un urgente progetto umanitario che ha consentito il trasporto con volo aereo umanitario di sei piccoli pazienti in condizioni critiche da Nyala alla capitale Khartoum, per essere curati.  Nel quadro drammatico di una popolazione vessata, colpita dalla fame, dalle malattie e dai bombardamenti, non manca la violenza sulle donne.
IN STUDIO – A Tg1/Fa’ la cosa giusta su RAI UNO alle ore 9:00, rubrica a cura di Giovanna Rossiello, interviene Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, e ci racconta un dramma che sembra destinato a non finire: dieci anni di una guerra che ha messo in ginocchio un popolo, che vede morire migliaia di bambini innocenti e che non risparmia le donne da atrocità inaudite, una guerra in cui lo stupro assurge ad arma a pieno titolo. Come scopriamo dalla video-testimonianza di una giovane violentata da otto soldati. Immagini di rabbia, impotenza, paura, dolore, rassegnazione perché il mondo, quel mondo, va così. Ed è normale. Mentre, almeno noi, che sappiamo che normale non è, dovremmo chiederci “se questo è un uomo”. E come possiamo permettere che questo accada.
di Federica Pugliese  La Corte
PER SAPERNE DI PIU’:
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