FOGGIA. È  morto da solo. Lontano da tutti. In un casolare diroccato alla periferia di Foggia. Era quasi nudo, raggomitolato su se stesso, con le braccia intorno al corpo. Come a scaldarsi o difendersi da qualcosa. Le cause del decesso le stabiliranno gli specialisti del Reparto di Medicina Legale degli Ospedali Riuniti, ma la morte di Mohand Ouramdane Aidkaciazou, 59 anni, algerino, è probabilmente legata alla povertà, al freddo, agli stenti, ad un improvviso malore. Nessun segno di violenza sul suo corpo esile e segnato dal disagio di vivere in quel modo. Un clochard che non si faceva vedere in giro. Più invisibile degli altri invisibili. Dei tanti senza fissa dimora che tirano a campare per le strade di Foggia. Italiani e Migranti.
TRA GLI ULTIMI – Neanche don Francesco Catalano, vice-direttore della Caritas diocesana di Foggia, l’ha riconosciuto. «Non l’abbiamo mai visto né alle mense per i poveri né al dormitorio» ha detto dopo essersi recato sul luogo del ritrovamento per l’identificazione. E anche Leonardo Ricciuto, dell’associazione dei Fratelli della Stazione, non ricorda di averlo mai visto in stazione durante i tanti anni di servizio in favore dei senzatetto. Mohand era più invisibile degli altri invisibili.  Nessun problema con la giustizia. Nessun episodio particolare degno di essere ricordato. Anche dai residenti del quartiere in cui viveva. In cui aveva trovato casa all’interno di un rudere abbandonato in mezzo alla campagna di periferia. Un rudere di mattoni senza finestre, attrezzato dal clochard come un giaciglio in cui ripararsi dalle intemperie e durante la notte.
CARENZA DI STRUTTURE PER I SENZA DIMORA – L’ennesima morte di un senza fissa dimora per le strade di Foggia riempie di rabbia le associazioni impegnate quotidianamente nell’assistenza verso i poveri. E rilancia la mancanza di strutture comunali dedicate all’accoglienza dei senza tetto. Perché i circa 50 posti letto disponibili, sono tutti offerti dalle parrocchie coordinate dalla Caritas. Anche per questo, lo scorso mese di ottobre, in occasione della “Notte dei Senza Dimora” i volontari montarono una tenda all’interno del Consiglio Comunale di Foggia per denunciare non solo l’inesistenza di strutture pubbliche destinate ai clochard, ma anche la responsabilità per non aver attuato il Piano di Emergenza Freddo, almeno nei mesi più rigidi dell’anno dal punto di vista atmosferico, ed un sistema di servizi permanente per contrastare l’emarginazione sociale. La morte di Mohand, dunque, si va ad aggiungere alle altre sei che in questi ultimi due anni hanno evidenziato tutte le lacune strutturali in fatto di accoglienza verso i senza fissa dimora.
di Emiliano Moccia

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