ROMA. Il matrimonio religioso resta la scelta più diffusa (60,2%) ma nelle regioni del Nord quello civile nel 2011 ha fatto il sorpasso e prevale con il 51,7% rispetto al 48,3% di quello celebrato in chiesa. Secondo l’annuario dell’Istat, in Italia ci si sposa sempre meno e si preferisce sempre più il rito civile a quello religioso.
I SENZA LAVORO – E dall’annuario dell’istituto di statistica emergono altri dati interessanti. Oltre un milione di disoccupati, ad esempio, ha un’età inferiore ai 35 anni: nel 2011, infatti, si contano 1 milione 128 mila persone in cerca di lavoro tra i 15 e i 34 anni. Soprattutto il tasso d’inattività per la componente femminile è ancora particolarmente elevato, nonostante il calo registrato nel corso del 2011 (48,5% nel 2011 rispetto a 48,9% di un anno prima), specie nel Mezzogiorno, dove poco più di sei donne ogni dieci in età lavorativa non partecipano al mercato del lavoro. Per inattivi si intende coloro che nè sono occupati nè cercano lavoro.
IL TITOLO DI STUDIO – La specializzazione culturale di alto livello, comunque, assicura un posto di lavoro. A quattro anni dalla laurea, lavorava il 69,4% dei laureati in corsi a ciclo unico, il 69,3% di quelli laureati nei corsi triennali e l’82,1% dei laureati in corsi specialistici biennali. Il 48,8% dei diplomati del 2007 svolgeva un’attività lavorativa, il 16,2% era in cerca di un’occupazione.
LA RICERCA – L’Italia è il fanalino di coda nell’Unione Europea per le spese in ricerca, con un investimento pari all’1,26% del Prodotto Interno Lordo contro la media Ue del 2.01% del Pil. Complessivamente nel 2009 l’Italia ha investito in ricerca 19.209 milioni, considerando i finanziamenti da parte di imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non profit e università.
I CONSUMI – In Italia i consumi sono fermi, con gli esborsi delle famiglie in frenata. «Si evidenzia una stazionarietà in termini di volume dei consumi nazionali». In particolare, spiega l’Istat, «la spesa delle famiglie residenti, effettuata sia in Italia sia all’estero, è aumentata dello 0,2% in diminuzione rispetto all’1,2% del 2010».
LA NATALITA’ – Nel 2011 il numero di figli per donna in Italia si attesta a 1,42, in lieve aumento sul 2010 (1,41): il Nord si conferma la ripartizione con la fecondità più alta (1,48). All’interno dell’Unione europea a 15 Paesi (dati 2010) l’Italia si colloca al quarto posto per bassa fecondità, preceduta da Portogallo (1,36 figli per donna), Spagna (1,38) e Germania (1,39). Nell’Ue a 27 i paesi con un minor numero medio di figli per donna sono la Lettonia (1,17), l’Ungheria (1,25) e la Romania (1,33): l’Italia si colloca al decimo posto. Le donne diventano madri sempre più tardi: 31,3 anni è l’età media al parto in Italia, il valore più alto fra i paesi europei, lo stesso di Liechtenstein e Svizzera. Seguono Irlanda e Regno Unito (31,2).

Redazione Online (corriere.it)

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