Nel decennio 2010 – 2020, nella città di Napoli si sono verificati 12 eventi meteorologici classificati come calamitosi. Di questi, la maggior parte legati agli allagamenti da piogge intense e alle trombe d’aria, che hanno causato danni ingenti alle infrastrutture e diverse interruzioni dei servizi pubblici.  A causa delle peculiari caratteristiche del territorio urbano, la città di Napoli è vulnerabile alle alluvioni di origine pluviale, che si formano a seguito di eventi precipitativi intensi. Nel territorio urbano, le piogge consistenti danno vita ad un fenomeno chiamato “ruscellamento superficiale”, ovvero lo scorrimento in superficie dell’acqua, dovuto all’insufficiente drenaggio del suolo. Ciò causa ristagni e allagamenti, dove la morfologia del territorio lo concede.

Questo accade, non solo perché Napoli si colloca fra i comuni italiani con la più alta percentuale di superficie cementificata, pari al 63%, ma anche perché la città di Napoli non presenta per natura un reticolo idrografico superficiale, ovvero quella rete di canali di deflusso che drena le acque in superficie. Tuttavia, Napoli è munita di una complessa e articolata rete fognaria, in larga parte sotterranea, che colloca le sue origini in epoca antica e che è stata soggetta, nei secoli, a progressivi interventi di ampliamento e aggiornamento. Una tale stratificazione, accompagnata dalla complessa conformazione del territorio, con un’altitudine massima di quasi 500 metri, canaloni, gole e importanti pendenze, rende la gestione del drenaggio delle acque piovane da sempre un problema particolarmente ostico da risolvere per la città. Le cause degli allagamenti urbani, riconducibili dunque al fenomeno delle inondazioni pluviali, sono legati, da un lato alla difficoltosa captazione delle acque piovane superficiali, anche in presenza di eventi di pioggia di media frequenza, dall’altro alla insufficiente capacità e conseguente esondazione della rete di drenaggio, in occasione soprattutto di eventi di pioggia intensa e prolungata. In entrambi i casi, gli impatti del “pluvial flooding” (inondazioni pluviali) sono amplificati dall’elevato grado di impermeabilizzazione del suolo che, insieme all’alta densità dell’ambiente costruito, sono spesso associati ad eventi non estranei alla memoria dei cittadini partenopei, quali voragini stradali e cedimenti delle fondamenta degli edifici. Questi eventi si verificano per effetto delle perdite della rete di drenaggio, che provocano infiltrazioni di acque piovane dalla superficie, che a loro volta sono responsabili dell’erosione del sottosuolo e del cedimento delle strutture sovrastanti.

In futuro, sembra ormai certo che tali rischi possano ulteriormente aggravarsi con l’intensificarsi del collasso climatico, mettendo sempre più a dura prova la tenuta dell’abitato urbano. Uno studio sull’intensità, durata e frequenza delle piogge, condotto dalla dottoressa Roberta Padulano del CMCC, in collaborazione con altri ricercatori, prende in considerazione un insieme di proiezioni climatiche di precipitazione, derivanti da diciannove modelli regionali, compresi nell’iniziativa Euro-CORDEX, sponsorizzata dal World Climate Research Program. I risultati dello studio prevedono, per l’orizzonte futuro 2071-2100, un aumento significativo della frequenza degli eventi estremi di pioggia. Un aumento particolarmente marcato se riferito allo scenario IPCC più pessimistico in termini di concentrazione in atmosfera dei gas climalteranti, lo scenario cosiddetto “business as usual”, in cui nessuna misura per la lotta al cambiamento climatico è stata adottata; in poche parole, lo scenario attuale. Secondo questo scenario, ad esempio, un’intensità di pioggia oraria che ad oggi si verifica in media una volta ogni 10 anni potrebbe verificarsi, in futuro, una volta ogni 4 anni.

Allo stesso modo, un evento precipitativo estremo, che oggi si verifica una volta ogni 200 anni, potrebbe verificarsi in futuro, addirittura una volta ogni 33 anni. I risultati grafici, che prendono in considerazione il numero di eventi attesi in cui i millimetri di pioggia al giorno superano la soglia minima osservata di 30mm/giorno dei recenti nubifragi, mostrano che eventi simili a quelli registrati negli ultimi anni aumenteranno significativamente in termini di frequenza e intensità nei prossimi trent’anni, fino a raggiungere, nella seconda metà del secolo, livelli di intensità che non si sono ancora verificati (100 mm/giorno). Scenari preoccupanti che avvalorano l’urgenza di azioni preventive, se non già mitigative, atte ad evitare che la crisi climatica possa accentuare i complessi problemi strutturali della città di Napoli e, allo stesso tempo, minare il già precario benessere dei suoi abitanti.

di Valerio Orfeo

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