Eraser deleting the concept Multiple Sclerosis

NAPOLI – «Arriva il momento in cui ti rendi conto che hai iniziato a percorrere la parte finale della parabola della tua vita. E’ ancora fresco il ricordo di quando, ormai secoli fa, mettevo a dormire mia figlia raccontandole anche una fiaba. Ieri sera per la prima volta l’ho chiamata per il poco piacevole compito di mettermi a letto. Ero piuttosto imbarazzato mentre lei in modo goffo cercava di mettermi il pigiama, e forse altrettanto imbarazzata lo era lei mentre mi aggiustava le coperte, e con una dolcezza commovente mi sistemava in perfetto ordine gli oggetti sul comodino. Non mi ha raccontato una fiaba, ma alla sua domanda ” hai bisogno di qualcosa?” avrei voluto chiedergliela».

Questo è solo uno dei tanti sfoghi di un utente. Sfoghi che giorno dopo giorno vengono lasciati su un gruppo Facebook denominato semplicemente “Sclerosi Multipla”. Centinaia di iscritti che accomunati dalla stessa malattia e da uno stesso percorso, si incoraggiano, confrontano, confidano e sostengono a vicenda. Sono diventati una grande “famiglia virtuale”. Non si conoscono, eppure è come se fossero da sempre uniti, complice – così come la definiscono – “la compagna di vita Sclerosi”. Ognuno dona la sua storia, il suo dolore, la sua forza o fragilità e tutti se ne fanno carico, con delicatezza e rispetto. E’ l’altra faccia dei social, quella che piace e rassicura. Per capirne di più abbiamo chiesto un parere a Valeria Catapano, Psicoterapeuta e Psicologa Clinica  dello Sviluppo Cognitivo-Comportamentale.

Le tecnologie digitali e i social media aiutano i pazienti a condividere l’esperienza di malattia?

Il dibattito attuale sui social media come strumento di comunicazione sociale che ha rivoluzionato le vite di tutti si anima intorno ai possibili vantaggi e svantaggi, aspetti questi ancora più  carichi di significato quando dietro lo schermo si colloca una persona che sta affrontando una difficile battaglia determinata da un malessere fisico e/o psicologico.  La rete offre una miriade di opportunità con la possibilità attraverso un semplice clic di attivare reti relazionali, culturali in tutto il mondo su qualsiasi aspetto che desideriamo conoscere ed interagire.

I nuovi strumenti della comunicazione digitale passando dai blog ai social come Facebook e Twitter, possono rappresentare un vantaggio (o un freno?) al racconto dell’esperienza della malattia da parte dei pazienti, o sono in grado di facilitare la vita (o complicarla?) a chi li ha in carico, dal caregiver al medico?

Le esperienze dirette, le osservazioni scientifiche e psicologiche sono la testimonianza  che la formazione e la crescita repentina  di gruppi di auto aiuto virtuali possono facilitare la narrazione delle proprie storie di vita all’interno di un “sistema famiglia digitale” in cui sentirsi protetti, accolti e informati e in cui poter contribuire con la propria storia personale a creare una consapevolezza comune. In particolare, nella realtà dei social, un aspetto saliente è che si esercita l’esigenza primaria di ogni essere umano: quella del riconoscimento. Esigenza che si configura come scopo fondamentale della vita di relazione e si esprime sia nell’ambiente sociale sia in quello mediale. I social media rispondono a questa necessità specie quando si incontrano disagi, difficoltà, malesseri nel proprio mondo sociale, familiare ed emotivo. Essi  possono avere il potere “terapeutico” di creare una rete di supporto, che determina la possibilità di conoscere meglio i propri vissuti attraverso lo specchio offerto dagli altri malati e in un sistema attivo e circolare di informazioni ci si può informare su eventuali risorse presenti sul territorio di carattere aggregazionale, sanitario, ludico-ricreativo per sentirsi attivamente partecipi e capaci di direzionare al meglio la propria vita sociale, lavorativa ed affettiva.

Condividere per ritrovarsi?

La narrazione digitale in situazioni di gravi malattie come epilessia, cancro o sclerosi multipla , solo per citarne alcune, porta alla scoperta di affinità e quindi ad una identificazione reciproca che, favorendo il legame di gruppo, facilita lo svilupparsi della capacità di sostenersi l’un l’altro, di alleviare il senso di isolamento con la generalizzazione e la condivisione, e soprattutto di consentire una migliore rappresentazione di sé attraverso il potere collettivo del gruppo. Il gruppo possiede infatti molte risorse che possono essere estremamente utili per aiutare il singolo a rappresentare meglio se stesso in un momento di difficoltà e di disponibilità al cambiamento. Il sostegno è una delle più importanti, in quanto tende a rafforzare le funzioni dell’Io migliorando la percezione della realtà e la manifestazione adeguata dei sentimenti, aumentando la consapevolezza e arricchendo l’identità dell’individuo. Ad essa si affianca il controllo, che aumenta la socializzazione attraverso l’identificazione e la condivisione, tenendo pure a bada gli impulsi e fornendo così un approccio condiviso ai problemi e il riconoscimento dei sentimenti nascosti o negati. Certo che raccontare la malattia sui social bisogna farlo con la consapevolezza del rischio di distaccarci troppo dal reale. La rete e il gruppo ha il potere di influenzare e di sollecitare, attraverso la possibilità di specchiarsi nelle esperienze altrui, la condivisione dei propri vissuti ed affetti, le proprie preoccupazioni, e così trovare uno spazio di accoglimento del proprio problema. Per la persona con sclerosi multipla può essere l’occasione per trovare un aiuto nel processo di accettazione, evidenziando i vissuti emotivi e eventuali comportamenti disfunzionali che possono indurre il soggetto a modificare i propri obiettivi di vita.

Leggere testimonianze “comuni” e positive cosa attiva negli altri che vivono la stessa malattia?

Sicuramente si può infondere speranza, sicurezza, senso di autoefficacia, stimola la ricerca di alternative, di soluzioni valide e adatte alle esigenze di ognuno.  Essere in un network non specialistico normalizza l’esperienza della malattia, regalando autorevolezza e riconoscimento sociale.

di Carmela Cassese

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