L’Italia ospita l’evento delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, fortemente voluto dal Segretario Guterres, per trovare soluzioni alla crisi alimentare che gran parte del Pianeta sta già vivendo, e che, essendo legata a doppio filo alla crisi climatica in atto, se non affrontata con efficacia, può irrimediabilmente aggravarsi. L’insicurezza alimentare, infatti, è una conseguenza diretta dello stravolgimento climatico e degli eventi meteorologici estremi, determinati dall’aumento delle temperature globali, causato dai gas serra immessi in atmosfera dalle attività umane e, come per la crisi climatica, anche delle politiche produttive insostenibili, perpetrate dal dopoguerra ad oggi, senza tener conto delle conseguenze. Il sistema produttivo alimentare è tra le prime vittime del collasso climatico ma, allo stesso tempo, anche una delle principali cause. Le colture intensive e l’eccessivo sfruttamento di suolo che ne deriva, alla stregua degli allevamenti intensivi e sovradimensionati (il 60% di tutti i mammiferi sul pianeta Terra è rappresentato da bovini e suini da allevamento, per una popolazione umana che non supera il 36% del totale, mentre sono solo il 4% dei mammiferi è selvatico) sono tra le principali concause dell’instabilità alimentare e della crisi climatica stessa. L’inappropriata razionalizzazione delle risorse disponibili, anche se culturalmente accettata, è una pratica insostenibile, sia per l’uomo che per l’ambiente. A fronte di 250 milioni di persone che soffrono di grave insicurezza alimentare e che sono costretti a contare sui programmi di aiuto internazionale, il 40% dell’intera produzione agricola e l’equivalente di acqua sono destinati all’allevamento di bestiame, rivolto oltretutto ad una fetta limitata di consumatori (i Paesi sviluppati consumano mediamente due terzi di carne in più rispetto ai Paesi in via di sviluppo).

L’obiettivo a lungo termine del “Food System Stocktaking Moment” di Roma è rivedere nella sua interezza il sistema produttivo alimentare globale, per renderlo più adatto e resiliente alle sfide climatiche presenti e future. Il programma proposto dal padrone di casa, il Direttore Generale della FAO, Qu Dongyu, vuole mettere le basi per uno sviluppo sostenibile dei sistemi alimentari, non solo in vista delle sfide climatiche, ma anche dell’aumento esponenziale della popolazione mondiale. La proposta si articola su quattro differenti macro-aree di interesse: l’utilizzo di scienza e innovazione, l’accesso al credito, il sostegno della finanza pubblica e privata e, infine, la necessità di un sistema di governance coordinata. Sviluppare tecnologie accessibili a tutti, ampliare la tolleranza climatica al calore e alla siccità delle colture attraverso nuove tecnologie, ridurre lo spreco e la perdita di cibo (si calcola che gli alimenti dispersi potrebbero sfamare un miliardo di persone ogni anno), condividere le informazioni e le conoscenze tra Paesi, sono le ricette della FAO per le politiche agricole globali, non tralasciando il necessario supporto creditizio alle attività agricole, soprattutto nelle zone rurali e in favore delle donne. Alla fine del suo intervento, il Direttore Dongyu ha voluto sottolineare l’importanza di una governance coordinata, che possa far fronte ad un cambiamento, che almeno in termini di costi, sembrerebbe epocale: “La trasformazione dei sistemi agroalimentari costerà 4000 miliardi di Dollari, da adesso al 2030. Si tratta di una somma veramente molto ingente.”

di Valerio Orfeo

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