Una nuova palestra di judo e pugilato all’interno di un ex mendicicomio, così restituito, almeno in parte, alla collettività. A sancire la svolta per il riutilizzo parziale dell’enorme struttura sita in via Cristallini 73, nel cuor del rione Sanità, un protocollo d’intesa tra il Comune di Napoli, la Terza Municipalità Stella San Carlo all’Arena, la Questura di Napoli, e il Ministero dell’Interno. La palestra, stando quanto si legge nella comunione d’intenti sancita questa mattina sorgerà al primo piano dell’ex mendicomio, struttura su tre livelli da 5000 mq a cui se ne aggiungono altri 1000 relativa alla parte esterna del giardino. Ad occuparsi della gestione della nuova palestra e alla formazione dei giovani atleti, così come accade altrove, il gruppo della Polizia di Stato delle Fiamme Oro. In proposito, nel protocollo d’intesa si specifica come le Fiamma Oro, saranno chiamate ad “allestire all’interno della parte dell’immobile concessa una palestra di pugilato e judo al fine di avviare una Sezione giovanile di pugilato nel Rione Sanità di Napoli per favorire l’avvicinamento dei giovani del quartiere al Gruppo Sportivo della Polizia di Stato Fiamme Oro’’ al quale sono affidate anche “gli oneri di manutenzione ordinaria, utenze e custodia’’ della palestra per il quale si è trovato un accordo per una concessione ad uso gratuito per una durata di 6 anni prorogabile per altri 6. All’articolo 1 del protocollo d’intesa, si specifica la finalità del progetto ossia la “volontà di attivare azioni congiunte e sinergiche nell’ambito del Rione Sanità per contrastare la criminalità, favorire l’inclusione sociale, la diffusione della cultura della legalità e il recupero dei minori a rischio’’. Ad apporre la propria firma sul protocollo in sala giunta il questore di Napoli Alessandro Giuliano, il presidente delle Fiamme Oro Francesco Montini, il sindaco Luigi de Magistris e il presidente della Terza Municipalità Ivo Poggiani (presente anche l’assessore con delega alla Sicurezza Alessandra Clemente). La storia dell’ex mendicicomio risale nel tempo. Abbandonata per cinquant’anni ed oltre, già nel 2006 terminò una ristrutturazione grazie all’ausilio di fondi europei. Da allora il territorio, la Fondazione San Gennaro, che è un presidio importante nel quartiere – «un’istituzione del territorio» così come ricordato dal presidente municipale Ivo Poggiani, tra i principali ispiratori dell’iniziativa –  e che già supporta le attività sportive delle Fiamme Oro negli spazi allestiti nella chiesa di San Vincenzo alla Sanità, ne ha più volte richiesto il ritorno ad una funzione pubblica mai però concretizzatasi negli ultimi 3 lustri. «La città ha recepito appieno il messaggio lanciato. Allestire una palestra di pugilato in un determinato territorio è molto importante» ricorda il presidente delle Fiamme Oro Francesco Montini. Per il questore di Napoli Alessandro Giuliano «un’attività del genere può sembrare diversa da quelle svolte normalmente dalla polizia di Stato e invece non è così. Iniziative come queste sono importanti per prevenire alcuni fenomeni. La firma di questo protocollo d’intesa mi inorgoglisce molto».  
LA LETTERA PICCATA DELLA FONDAZIONE SAN GENNARO- 
“Il terzo settore ha un ruolo fondamentale nella vita democratica- scrivono in una nota i responsabili della Fondazione di Comunità- il suo valore è sancito dalla Costituzione e va tutelato. Nell’incontro di oggi al comune tra Comune di Napoli, Questura e Fiamme Oro tutto questo non si percepiva. Oggi è stato commesso un errore di comunicazione.  Non è possibile pensare che un ordine sociale come quello della nostra città possa reggersi solo sulle gambe del pubblico ed eventualmente, quando è necessario, del privato senza considerare in alcun modo l’apporto fondamentale del terzo settore. Siamo certi che non sia stato intenzionale, ma è stato dato alla Fondazione di comunità San Gennaro un ruolo marginale. Il non profit deve poter godere della stessa autonomia e dello stesso rispetto degli altri due pilastri della nostra società; al contrario della strategia comunicativa messa in atto oggi dal Comune.  È la politica tutta che deve operare un cambiamento culturale che avvertiamo lento.  È sintomatico come a distanza di due anni dalla legge sul terzo settore siamo ancora tutti in attesa dei decreti attuativi. Durante la conferenza di questa mattina si è trasmessa l’erronea informazione che il progetto di boxe alla Sanità sia nato oggi, grazie Comune di Napoli.
Non si è parlato dei ragazzi, non si è parlato di questi due anni di allenamenti trascorsi in una sagrestia di una chiesa, ma soprattutto non si è detto a chiare parole che senza il terzo settore che ha saputo ascoltare i ragazzi e ha saputo dar voce ai loro bisogni, senza il territorio che ha messo a disposizione risorse umane (educatori e custodi) e risorse economiche, non si sarebbe mai potuto firmare il protocollo. Come Fondazione di Comunità san Gennaro che opera al rione Sanità, abbiamo come obiettivo il cambiamento culturale della gente di un territorio. Sappiamo bene che i cambiamenti culturali avvengono nel tempo: sapremo aspettare e continueremo a sollecitare tutti i nostri amministratori, inducendoli ad abbandonare logiche stataliste frutto di vecchie ideologie.
Ricordiamo, di seguito, le parole dell’economista Stefano Zamagni, nella speranza che giungano all’orecchio dei nostri amministratori: «Gli enti del terzo settore non possono più essere considerati come soggetti per la produzione di quei beni e servizi che né lo Stato né il Mercato hanno interesse oppure la capacità di produrre, ma come una specifica forma di governance basata sulla cooperazione e sulla reciprocità. Il Terzo Settore del dopo Riforma non può esimersi dal porre in cima ai propri obiettivi la rigenerazione della comunità.
E’ in vista di ciò che la legislazione per gli Enti del Terzo settore deve essere tale da consentire a tali enti di realizzare pratiche di organizzazione della comunità. E’ questo un modo di impegno politico complementare – e non alternativo a quello tradizionale basato sui partiti – un modo che consente alle persone, la cui voce mai verrebbe altrimenti udita, di contribuire a dilatare il processo di inclusione sia sociale sia economica.
Quella dell’organizzazione della comunità è una strategia né meramente rivendicativa né tesa a creare movimenti di protesta. Piuttosto, è una strategia la cui mira è quella di porre in pratica il principio di sussidiarietà circolare, articolando in modo nuovo le relazioni tra Stato, Mercato, Comunità. E’ questo il cuore del modello tripolare di ordine sociale che accanto al privato e al pubblico pone con pari dignità il civile» “.
 

di Antonio Sabbatino