NAPOLI- L’adozione non termina con il rientro a casa della coppia con il bambino. E’ proprio in quel momento che comincia la delicatissima fase di inserimento del minore nella vita quotidiana che può dare vita ai disturbi del post-adozione, sempre più frequenti tra le famiglie affidatarie. Problemi del genere colpiscono tantissime coppie adottive, ma quasi nessuno ne parla. E’ stato proprio questo il tema centrale affrontato nell’ambito dell’assemblea del CARE (il coordinamento delle associazioni nazionali delle famiglie adottive affidataria in rete). Si sono riunite 34 associazioni provenienti da svariate zone d’Italia tese a rappresentare oltre 5000 famiglie per affrontare il problema del post-adozione. Molti genitori adottivi, terminata la lunga e tortuosa strada che porta all’adozione di un bambino, proprio nel momento in cui l’obiettivo è stato raggiunto e sembra andare tutto per il meglio, vengono colpiti sempre più spesso da sensazioni contrastanti. La gioia di avere finalmente in famiglia quel figlio tanto desiderato unita alla paura, alla rabbia, al timore di non essere all’altezza della situazione.
Il motivo per cui tante adozioni falliscono e diventano fonte di risentimento per i neo-genitori, è la mancanza di un supporto adeguato, una guida che li aiuti durante tutte le fasi dell’adozione, ma in particolare in quella successiva, in cui il bambino si trova ad essere inserito in un nuovo contesto familiare. «Siamo onorati del fatto che l’assemblea del CARE quest’anno ha scelto Afragola per discutere del post-adozione e del ruolo delle famiglie unite – ha spiegato Rosa De Marco, presidente dell’associazione “Un passo insieme”-, questo è uno dei temi più delicati e fragili del percorso adottivo e la vostra presenza qui oggi ci fa sentire orgogliosi e forti, proprio come quando un figlio ha alle spalle una famiglia forte». Le associazioni del CARE hanno sempre cercato di sostenere le famiglie in crisi, in particolare attraverso impegni di mutuo aiuto per i genitori, come spiega Anna Guerrieri, presidentessa di “Genitori si diventa”. «Quest’anno abbiamo 27 gruppi attivi di mutuo aiuto diffusi in tutti i territori. Ogni gruppo è gestito da due volontari delle associazioni e da un operatore che spesso è anche uno psicoterapeuta. I gruppi sono costituiti da 12-14 coppie e si riuniscono una volta al mese per un totale di otto, dieci incontri annuali». E’ proprio sui gruppi di mutuo aiuto che le associazioni scelgono di investire di più, tanto che nel tempo si è creata una vera e propria rete di collaborazioni.

di Perla Fontanella

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