campoinquinatoNAPOLI — Stop a broccoli e patate, fragole e prugne che possano mettere a rischio la salute. Il commissario per le bonifiche della cosiddetta area vasta di Giugliano, Mario De Biase, rilancia l’allarme: «Gli esami e le analisi sulla frutta e sulla verdura prodotte sui duemila ettari di territorio intorno alla ex discarica Resit di Giugliano non hanno consegnato esiti di indagine preoccupanti, e non vi è traccia di sostanze contaminanti. Ma nella zona circostante, quella di mia più stretta competenza, vale a dire i 200 ettari di terreno comprensivi degli invasi della Novambiente e di località San Giuseppiello dell’attuale collaboratore di giustizia, Gaetano Vassallo, vi sono due aree contaminate sulle quali andrebbe imposto in via precauzionale il divieto di coltivazione. Sarebbe auspicabile — precisa De Biase — che nelle aree delle discariche fosse proibita, accompagnando questo divieto con misure incentivanti per gli agricoltori, la coltivazione di fragole, broccoli, pomodori, pesche e prugne».
LE PREOCCUPAZIONI – Insomma, l’inquietudine si diffonde in misura direttamente proporzionale ai pochi esiti di indagine conseguiti, finora, nella più ampia fascia di territorio che abbraccia tutta l’area di Napoli nord a cavallo della provincia di Caserta. È qui che i droni che hanno sorvolato sulla piana campana hanno riscontrato aree in cui la temperatura del sottosuolo ha fatto registrare valori inspiegabilmente elevati. Il tavolo istituzionale convocato presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere e voluto dal procuratore della Repubblica, Corrado Lembo, si sta occupando, riservatamente, proprio di questo profilo di indagine sul territorio.
DANIELA NUGNES – «Le nostre informazioni — spiega Daniela Nugnes, assessora regionale all’agricoltura — ci dicono che esistono porzioni di territorio con problemi di inquinamento, ma si tratta di ferite localizzate, non di un degrado generalizzato, che il più delle volte sono esterne allo spazio delle aziende agricole professionali. La superficie agricola totale in Campania (dati censimento 2010) è di 722.425 Circa il 52% della superficie campana è destinato all’agricoltura e il comparto agroalimentare campano nel 2012 ha incrementato del 4,3% il valore dell’esportazione rispetto al 2011, configurandosi come uno dei pochi comparti che in questa regione non è in declino. Tuttavia, chiediamo al governo centrale un piano di caratterizzazione suolo/acqua/matrici vegetali che coinvolga le istituzioni campane e che ci consenta di intervenire ‘‘chirurgicamente” su queste ferite per potere restituire queste porzioni di territorio all’agricoltura. Ad esempio — aggiunge Nugnes — nell’area intorno alle discariche di Giugliano, che il commissario alle bonifiche sta provvedendo a mettere in sicurezza, le analisi fatte dall’Istituto superiore di Sanità sulle principali colture praticate in zona ci dicono che non ci sono problemi sui prodotti della terra. Di conseguenza il sindaco non può interdire alla coltivazione queste zone. Ma per poterci immaginare un giorno di avere un territorio ‘‘razionale” e ben governato non è opportuno continuare a coltivare in queste zone prodotti per l’alimentazione, è necessario imporre il no food, ma chiaramente preoccupandoci del reddito degli agricoltori. Pensiamo quindi di proporre all’Europa una misura che possa, in queste zone, integrare il reddito per le colture no food, anche immaginando una riconversione delle attività orientata verso i biocarburanti». Ma per il momento si dovrebbe puntare a mettere in sicurezza la salute pubblica, garantendo la filiera produttiva da qualunque sospetto di inquinamento e di contaminazione. Come? Attraverso una molteplicità di interventi programmati, alcuni dei quali, in verità, già promossi, come l’osservatorio sulla sicurezza alimentare sul modello di quello messo in piedi a tutela della filiera bufalina. «La legge sulla tracciabilità — puntualizza l’assessora regionale all’agricoltura — è assimilabile a quella sul marchio di qualità contemplato da un comma della legge finanziaria numero 5 del 2013. Siamo pronti a predisporre il deliberato, ma occorre un’articolazione precisa, con disciplinari prestabiliti e non generici o adattabili a qualunque tipologia agricola. Insomma, non vi sono solo competenze dell’assessorato all’agricoltura, bensì più responsabilità istituzionali. Soprattutto — conclude — non si può prescindere da un’attenzione nazionale per questi problemi, da interventi forti e di grande portata finanziaria. L’inquinamento non è un problema locale».

di Angelo Agrippa (corrieredelmezzogiorno.it)

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