downloadNAPOLI- «L’Italia è un Paese ricco abitato da poveri o un Paese povero abitato da ricci?». Inizia con questa domanda “Italia diseguale”, l’ultimo libro del giornalista Daniele Poto (Edizioni Gruppo Abele, collana “I Ricci”, 14 euro). Una domanda che contiene entrambe le risposte possibili. A seconda che si analizzi la questione da un punto di vista piuttosto che un altro, come ben spiega lo stesso autore del saggio. Un lavoro scrupoloso corredato di dati e numeri che aiutano – a differenza di altri casi in cui fanno da mero corredo – a capire in quale direzione stia andando il Paese, traghettato negli ultimi decenni, da vari Caronte dell’interesse comune. I numeri sono sconcertanti. Sei milioni di poveri. Un dato che fa rabbrividire se letto in un Paese che dovrebbe essere tra quelli che muovono i destini del mondo intero quale ambisce ad essere l’Italia. Numeri ancora più impressionanti se si considera che, oltre alla tanto reclamata crisi economica, a crearli sono fenomeni come l’evasione fiscale, la corruzione, le mafie, che ci costano 500 miliardi l’anno. Ma anche le stesse tasse che accoltellano la voglia di ripresa dei cittadini. Un italiano su sei rinuncia alle cure mediche  perché non può permettersi di sostenerne i costi.

Poto sottolinea come la classe dirigente sia poco attenta ai bisogni reali del Paese, soprattutto sul tema della povertà, che è il primo atto che genera disuguaglianze. Il dibattito politico si sofferma su argomenti marginali, a differenza di quanto fa l’autore che affronta invece la povertà da diversi punti di vista: i derivati, le pensioni, la politica fiscale a senso unico, la mancanza del reddito di dignità, la pedissequa sottomissione al diktat economico dell’Ue. In mezzo a queste mancanze la politica fa sognare l’italiano medio con velleitarie promesso di rilancio grazie ad Expo 2015 o con la candidatura per le Olimpiadi 2024. Un regime che lascia ben poche speranze.

 

di Ciro Oliviero

 
 

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