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di Luca Mattiucci e Stefania Melucci
ROMA. Avere un figlio gravemente disabile e rendere la sua vita “normale” è un’impresa per chiunque difficile. I dubbi, poi, aumentano quando le forze iniziano a mancare e, da genitore o da tutore, di una persona non autosufficiente, ci si inizia a porre un quesito che si apre come un baratro sul futuro, spesso senza risposte: «Chi si prenderà cura di lui, quando verrò a mancare?» Un pensiero continuo che logora chi vive da vicino la disabilità e sa bene di essere un perno insostituibile nell’ingranaggio familiare. C’è chi parla di ragazzi e ragazze due volte orfani: la prima è quando vengono a mancare i genitori, la seconda quando la legge non offre sufficienti garanzie e tutele per il loro futuro, per l’assistenza costante e quotidiana. E così, dopo uno stop di oltre un anno, ritorna in Commissione Affari Sociali una proposta di legge presentata da Livia Turco alla voce “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare”. La proposta prevede lo stanziamento di un fondo di 150 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2011, prelevando il tutto dal “tesoretto” dei giochi d’azzardo. E così, se fino ad oggi la stragrande maggioranza di case di accoglienza per persone con gravi patologie erano nate quasi esclusivamente grazie al volontariato, la legge che ora ha ricevuto un primo via libera stabilisce che a tutelarli ci sarà anche il contributo dello Stato. Ma sulla proposta sono tanti i dubbi e gli interrogativi che tornano a far discutere. Ed allora abbiamo deciso di chiedere cosa ne pensano quelli che la disabilità l’hanno conosciuta in prima persona e l’hanno superata con straordinaria tenacia. Loro sono gli atleti che a settembre si contenderanno le prossime Paralimpiadi di Londra 2012. Cosa ne è emerso? Un dibattito sul “Dopo di noi” aperto, vivo, ricco di contraddizioni. Di certo c’è che è, e sempre più dovrà, divenire una battaglia civile, che riguardi tutti.
LOREDANA TRIGILIA – «Quale futuro per le persone gravemente disabili, una volta perso il loro guscio familiare, il sostegno dei genitori? Come assisterli, cosa fare per loro in maniera corretta, senza sradicarli dai loro ambienti? Sono domande difficili, forse un sostegno economico potrebbe consentire a chi è vicino di aiutarli». Così Loredana Trigilia, schermitrice classe 1974, sottolinea l’importanza del “Dopo di noi”. È una veterana dei cinque cerchi, Londra è la sua quarta olimpiade, fioretto e sciabola sono le sue discipline. «Vorrei chiudere in maniera positiva la mia carriera – sorride Loredana – magari con una medaglia. Ho iniziato con la scherma per motivi riabilitativi, non l’ho mai abbandonata». Una serie di risultati positivi, tra campionati europei conquistati e coppe del mondo portate a casa e messe in bacheca. Oggi divide la sua vita, tra il figlio e l’attività agonistica. «Non avrei mai pensato a una competizione olimpica – aggiunge – la vita ti riserva sempre tante sorprese».
GIUSY VERSACE – Attività sportiva e impegno sociale, un mix perfetto per Giusy Versace, atleta che attende il pass per Londra.È  impegnata con la sua associazione, “Disabili no limits onlus” per sostenere, anche nello sport, ragazzi svantaggiati. «Mi sono avvicinata all’atletica per curiosità, ho iniziato con i 100 metri nel 2010 e da allora non mi sono più fermata,  mi farebbe piacere centrare il risultato anche nei 200». Potenza e determinazione, seguita da Andrea Giannini, il suo coach, Giusy corre per la “Con noi” di Reggio Calabria, sua terra di origine, indossa i colori della “Vigevano atletica” per le competizioni con  i “normodotati”: è tra le tre atlete europee ad aver subito una bi-amputazione delle gambe. Nessun paragone con Oscar Pistorius, però. «A lui hanno amputato i piedi quando aveva un anno – continua Versace – io porto le protesi solo da sei anni e corro da due. Non è la stessa cosa, se questo può servire a invogliare altri ragazzi allora ben venga il binomio Oscar e Giusy». Un incidente le ha cambiato la vita, la fede, l’amore della famiglia e il suo attaccamento alla vita le hanno dato la forza per andare avanti. Sul “Dopo di noi” mostra qualche perplessità.  «Non si capisce bene come saranno ripartiti questi 150 milioni di euro – conclude – lo stato deve agire direttamente. Bisognerebbe partire dall’aumento delle pensioni di invalidità per chi vive gravi handicap. C’è chi vive con 300 euro al mese ed è offensivo».
ALEX ZANARDI – «Nel mondo della disabilità, mi sento da Formula Uno. Il mio handicap è invalidante, ma la mia vita non si è fermata. Ho continuato con nuove esperienze, mai immaginate prima. Sta a noi continuare al meglio, alzando l’asticella dei nostri stimoli e superare i nostri limiti». Alex Zanardi è un vulcano in piena, si muove sulla sua handbike, macinando chilometri per raggiungere la forma fisica migliore. Londra è un primo traguardo. «La possibilità di partecipare alle Olimpiadi – spiega – è fondamentale, perché si mettono in moto tante emozioni che fanno passare la fatica e il sudore in secondo piano». Sulla proposta di legge sul “Dopo di noi” non ha dubbi: «Quando parliamo di disabilità, più o meno gravi e invalidanti – spiega – non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo di fronte delle persone. Dobbiamo pensare a loro spinti dalla passione, non dalla compassione. Con il supporto di associazioni e delle istituzioni, è necessario trovare un aiuto a chi è gravemente disabile e ha perso i genitori».
OSCAR DE PELLEGRIN – Quarantanove anni e non sentirli, Oscar De Pellegrin è alla sua sesta Paralimpiade, Londra sarà la sua ultima esperienza olimpica, con i “gradi” di portabandiera. Allena il suo corpo e la sua mente con sedute di yoga, per arrivare al top prima di scendere in pista. «Nel tiro con l’arco – spiega De Pellegrin – serve tanta serenità per riuscirsi a gestire le emozioni, per questo unisco la concentrazione psicologica agli allenamenti quotidiani». A 21 anni, un incidente ha cambiato la vita di Oscar: «Non è facile affrontare le difficoltà – continua – c’è chi si chiude nel proprio dolore e chi prova ad alzare la testa. Lo sport mi ha aiutato in questo percorso di rinascita». «Per fare una buona legge – conclude sul “Dopo di noi” – è bene rivolgersi a chi vive  quotidianamente il problema, in primis i genitori e poi alle associazioni che sostengono le persone con gravi disabilità e non autosufficienti. Forse sarebbe meglio formare personale specializzato per farli “continuare” a vivere nel loro ambiente, senza allontanarli da casa».
DAVIDE SCAZZIERI – Lo sport è la sua spinta. Davide Scazzieri ha praticato ciclismo agonistico dall’età di sei anni, prima di lasciare le “due ruote” dopo un incidente stradale, durante un allenamento. Numerosi interventi e la voglia di continuare. Poi la scelta di avvicinarsi al tavolo da ping pong, tra dritti e rovesci. «Per motivi riabilitativi – spiega – ho iniziato a utilizzare la racchetta. Oggi insegno in un centro riabilitativo in provincia di Bologna perché voglio trasmettere quello che ho imparato. Insegno che si può fare sport ad altissimo livello, anche da disabili». In giro per l’Europa, tra Bratislava e Romania prima di arrivare a Londra, dove festeggerà il suo compleanno. «Il dopo di noi? Credo sia importante aiutare al meglio chi ha disabilità gravi, anche quando non ci saranno i sostegni familiari. Il problema reale è fare controlli e dare aiuti concreti a chi ne ha bisogno. Il come e il quando deve essere stabilito per legge», conclude Scazzieri.
ASSUNTA LEGNANTE – Nel 2007, a Birmingham, Assunta Legnante ha vinto l’Europeo indoor di lancio del peso, poi un glaucoma ha rallentato la sua carriera e l’ha resa cieca. «Ho accettato quasi subito la mia malattia – spiega l’atleta di origine campana, che da dodici anni vive ad Ascoli Piceno – il difficile è farlo accettare dagli altri». A Torino, nel corso dei Campionati italiani paralimpici 2012, è riuscita a stabilire il suo record mondale con 13,27 metri, Londra sarà la sua prima esperienza paralimpica (era già stata ai Giochi Olimpici di Pechino). «Nessuna ansia per la prima esperienza paralimpica – continua Assunta – ho già avuto esperienze internazionali, voglio arrivarci al meglio e, magari, sperare in una medaglia. Continuo ad allenarmi nella mia struttura, la Anthropos Civitanova». Sulla proposta di legge “Dopo di noi”, aggiunge: «Quando si sostiene il mondo della disabilità è un fatto positivo, anche sostenendo chi è gravemente disabile e non autosufficiente. Forse è necessario conoscere le difficoltà e intensificare i controlli».
MATTEO BETTI – «Cosa sarà “Dopo di noi”? È una domanda che non mi sono mai posto, non perché insensibile, forse semplicemente perché distratto. Sulla proposta di legge si è creato un movimento di persone per dare assistenza ai giovani, uomini e donne, con gravi disabilità dopo la perdita dei sostegni familiari. Forse bisognerebbe non staccarli, dove è possibile, dai loro affetti, dalle case. Bisogna comunque continuare il dibattito». Ventisei anni e la passione per la scherma, Matteo Betti appartiene alla categoria dei cerebrolesi, per complicazioni in sala parto. Si avvicina allo sport a cinque anni, ha fatto la scherma in piedi e ha poi deciso di “sedersi”. Fioretto e spada sono le sue “armi”. Si muove tra Siena e Roma, è tesserato con le Fiamme Azzurre, seguito dal suo coach Fabio Giovannini. La sua testa è già a Londra, per centrare una medaglia (per scaramanzia non dice il metallo). «Ho avuto esperienze in campo internazionale – ha concluso – spero che la paura non faccia scherzi».
PAOLA PROTOPAPA – Sport invernali ed estivi sono la sua passione. Paola Protopapa non si arrende mai, in acqua, come sulla neve. La passione per la vela l’ha coltivata da piccola, quando usciva in barca con il papà, per poi continuare con lo sci. Dopo uno stop forzato a causa dell’incidente, non ha mollato. Dopo l’esperienza delle Paralimpiadi invernali di Vancouver 2010 e l’oro a Pechino con il canottaggio, si è rimessa in gioco, di nuovo. A Londra scenderà in acqua, con la vela. «Siamo un team giovane – spiega Paola – la sfida è riuscire a fare il meglio, al di là del risultato. Voglio essere competitiva, anche in una disciplina che pratico da poco. Non sempre riusciamo a realizzare quello che vogliamo, nello sport come nel lavoro, ma dobbiamo dare sempre l meglio». Energia e forza in una donna classe 1965. Sul disegno di Legge “Dopo di noi” non ha dubbi. «La proposta deve andare avanti – conclude – è scontato assistere chi non riesce ad essere autosufficiente, soprattutto dopo la perdita dei genitori».
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