L’eco della (possibile) guerra è solo apparentemente lontana. In realtà rimbalza nel cuore e nell’anima, deflagrando l’integrità dello spirito. I rappresentanti della nutrita comunità ucraina in Campania – oltre 41.000 di cui 22.000 e più solo a Napoli secondo i dati Istat aggiornati al 1 gennaio 2021 – non sono al fronte come i soldati connazionali pronti a rispondere all’eventuale invasione della Russia ma vivono ugualmente un’angoscia alimentata delle confuse e contrastanti notizie che si susseguono ora per ora a un ritmo incessante. Alla preoccupazione per la sorte dei parenti sparsi in diverse zone dell’Ucraina, ognuna delle quali con il termometro della tensione della crisi che segna una temperatura diversa, più bassa a Ovest e attorno alla capitale Kiev più alta a Est, si accompagna la paura dell’esplosione di una miccia che anche in modo casuale possa far deflagrare il conflitto allargandolo poi su larga scala.  In realtà in Ucraina si combatte dal 2014 in Crimea e nei territori orientali del Donbass dove si fronteggiano i nazionalisti ucraini e i separatisti quest’ultimi guardati con simpatia dal presidente della Federazione russa Vladimir Putin. In 8 anni di guerra, le vittime in Ucraina dell’Est sono state 14.000. Due referendum indetti dai separatisti ma non riconosciuti dalla maggior parte della comunità internazionale, Usa e Ue in primis, hanno nei fatti sancito l’influenza russa nelle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk. Secondo molti esperti di intelligence la Russia potrebbe invadere in queste ore proprio quell’area dell’Ucraina. Tra l’oggetto delle contrapposizioni tra gli Stati Uniti, la Nato e la Russia l’eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Organizzazione atlantica che appare però non così imminente.

Le voci di Napoli – «Fa specie constatare come soltanto oggi ci si accorga di quanto accade in Ucraina. In realtà un conflitto già c’è: a Lugansk, a Donetsk, in Crimea si combatte dal 2014. Forse ora se ne parla perché la possibile guerra potrebbe riguardare in qualche modo anche l’Europa, ma l’Ucraina è sotto attacco da tempo», afferma con una punta di sarcasmo Oksana Oliynyk, da vent’anni a Napoli dove vive e lavora. Parte della famiglia di Oksana è russa, altro elemento di sofferenza. «Mia nonna materna e mia nonna paterna sono russe, ho un fratello che vive e lavora a Mosca. I nostri popoli hanno sempre avuto rapporti tra loro e sapere di queste contrapposizioni fa male». L’altra parte dei cari di Oksana è nata e vive in Ucraina. Si tratta di un retaggio, piuttosto diffuso, dell’epoca sovietica quando il Paese faceva parte del Patto di Varsavia e lo Stato centrale mandava lì a lavorare molti suoi abitanti. Dopo l’implosione dell’Urss, la Repubblica d’Ucraina si è avvicinata all’Occidente che si dice pronta a difenderla dalle mire di Mosca. «La preoccupazione per l’inizio di un conflitto cresce – dice ancora Oksana – la Russia ha ammassato truppe al confine con la Bielorussia e il Governo ucraino ha dato il permesso a ogni cittadino di dotarsi di un’arma. Anche l’esercito ucraino si sta schierando, questo non è un buon segno. Con Putin potrebbe succedere sempre la stessa cosa: si abbaia e ci sia allontana, ma prima o poi qualcuno può dare un morso». La Oliynyk prova a entrare nella mente del leader del Cremlino. «Vuole avere il controllo del Mar Nero e consolidare la sua leadership nelle province dove la maggioranza parla russo. Sinceramente mi vengono i brividi al pensiero di uno scontro tra i soldati russi e la Nato. Se ciò accadesse, potrebbe davvero mettersi male per tutti e intanto dall’Ucraina, un Paese di 43 milioni di abitanti, scapperebbero via milioni di profughi verso gli altri Paesi dell’Europa. La mia non è solo preoccupazione, è anche rabbia. Ogni Paese ha il diritto di scegliersi il suo destino». Kristina, è nata a Ternopil nella parte occidentale dell’Ucraina. Attualmente studia Letteratura e Lingua Comparata a Napoli e conferma come il coefficiente di preoccupazione varia a seconda della zona dell’Ucraina. «Ho parlato con alcuni parenti che sono nella zona Ovest, si sentono più tranquilli e non credono a un conflitto. Insomma, non stanno facendo scorte di cibo aspettando l’attacco. Al contrario chi è ad Est, più vicino a Donetsk, Lugansk e alla Crimea è più impaurito se non fosse altro che la guerra già c’è da 8 anni. Spero in una risoluzione positiva grazie all’intervento della comunità internazionale e delle forme di democrazie, che spero trionfino». Kristina confida nella Provvidenza. «Io sono credente, nella Bibbia c’è scritto che nemmeno gli angeli conoscono il proprio destino. Non resta che pregare».

di Antonio Sabbatino

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