INDIA. Per giorni, prima e dopo la morte della studentessa di 23enne stuprata a Delhi, in piazza è stata invocata la pena di morte. Giustiziateli come cani, urlava la folla inferocita. Ora il presidente dell’India, Pranab Mukherjee, ha approvato il decreto che comprende la pena di morte contro gli autori di violenze sessuali. Nel riferirlo, il ministro indiano delle Finanze, Palaniappan Chidambaram, ha reso noto che «la condanna a morte sarà prevista come il massimo della pena, nei casi di stupro e conseguente morte o coma prolungato della vittima». La pena capitale verrà prevista anche nel caso di una seconda condanna con l’accusa di violenza sessuale o violenza sessuale aggravata. Pene più severe sono state inoltre introdotte contro il voyeurismo, lo stalking e le aggressioni con l’acido. I gruppi per la difesa dei diritti delle donne hanno criticato le nuove misure, dal momento che «non tengono conto del rapporto presentato dall’ex giudice J. S. Verma, a capo di una commissione per la modifica delle leggi antistupro». La nuova legislazione non riconosce, secondo quanto osservato dalle attiviste, lo stupro commesso dal coniuge come un reato e non si pronuncia su tutti quei casi di politici accusati di reati a sfondo sessuale, candidati alle elezioni. Secondo Chidambaram, invece, «le nuove leggi tengono conto della maggioranza dei punti discussi dalla commissione capeggiata da Verma». «Il Parlamento avrà poi sei mesi per la ratifica delle nuove leggi, in vigore già da oggi», ha concluso il ministro.

di Marta Serafini (corriere.it)

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