ROMA. Monta la protesta e il malumore delle associazioni e dei disabili per la stretta voluta dal governo su permessi lavorativi concessi in base alla legge 104/92 a chi assiste i disabili e assoggettabilità all’Irpef delle pensioni di guerra e di invalidità. I due provvedimenti, che riguardano direttamente le persone con disabilità, contenuti nella legge di stabilità licenziata dal Consiglio dei ministri, vengono percepiti dalle associazioni come un ulteriore “colpo” allo stato sociale. Non si tratta, ovviamente, di modifiche già in vigore, dal momento che si tratta di un disegno di legge che ora passerà al vaglio del Parlamento per l’approvazione, ma le probabilità che le disposizioni vengano confermate e dunque tradotte in legge sono comunque alte. E infatti le prime reazioni delle associazioni che rappresentano le persone con disabilità sono fortemente critiche nei confronti dell’esecutivo, che arrivano a parlare di misure che “annientano completamente” le politiche sociali del nostro paese.
I NODI DA SCIOGLIERE. Il disegno di legge contenente le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità) prevede – recita il comunicato di Palazzo Chigi – “la rimodulazione di alcune tax expenditures per i redditi superiori ai 15mila euro”: in particolare “si prevede l’assoggettabilità ad Irpef delle pensioni di guerra e di invalidità” e si “introduce una franchigia di 250 euro per alcune deduzioni e detrazioni Irpef e, per le sole detrazioni, si fissa il tetto massimo di detraibilità a 3000 euro”. Le pensioni di guerra e di invalidità al momento non sono assoggettate ad Irpef: la scelta del governo è invece quella di conteggiarle come reddito nel caso superino la soglia dei 15mila euro annui. Ad essere interessati, comunque, non dovrebbero essere la gran parte degli invalidi civili italiani: la cifra base della pensione di invalidità è infatti tale (si tratta di 267,57 euro mensili) da non avvicinarsi neppure a quella soglia. A meno che non si consideri anche la cifra dell’indennità di accompagnamento (per gli invalidi civili totali è di 492,97 mensili), che però non viene nominata dal governo e dunque dovrebbe essere esclusa da ogni assoggettamento all’Irpef.
Più lineare la questione della legge 104/92. Il comunicato del governo non ne ha traccia, ma la bozza entrata in Consiglio dei ministri prevede il dimezzamento della retribuzione per i giorni utilizzati dai dipendenti pubblici per l’assistenza a familiari con disabilità. La retribuzione rimarrebbe piena solo se il permesso ex lege 104/92 è dovuto a patologie del dipendente o all’assistenza a figli e coniuge. Se l’assistito è un altro familiare lo stipendio della giornata sarà dimezzato e si manterrà intera solamente la contribuzione figurativa. E’ da ricordare che i permessi possono essere ottenuti per assistere parenti o affini entro il secondo grado o entro il terzo grado se i genitori dell’assistito sono over 65 o disabili.

I NUMERI. Sono 529 mila i lavoratori italiani che, tra settore pubblico (244 mila) e privato (285 mila), usufruiscono dei benefici della legge 104/92 grazie ai quali ci si può assentare dal lavoro fino a tre giorni al mese per assistere i propri congiunti con disabilità certificata.
Decisamente più consistente la fruizione della normativa nel settore privato, dove la percentuale di beneficiari è del 7,4 per cento dei dipendenti totali, mentre nel settore pubblico la percentuale dei beneficiari è di poco superiore a 1,43 per cento: oltre cinque volte di meno.
Nella legge di stabilità licenziata ieri dal governo è prevista la riduzione del 50% della retribuzione relativa alle giornate di permesso ex lege 104/92 usufruite dai soli dipendenti pubblici. Dalla stretta saranno però esclusi coloro che usufruiscono dei permessi per se stessi, per i figli o per i coniugi; riguarderà cioè solo l’assistenza a genitori e altri parenti.

di Davide Domella

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