ROMA – Venerdì 31 maggio nel pomeriggio Alma Shalabayeva, moglie del rifugiato Muktar Ablyazov, è stata rimpatriata forzatamente nel proprio paese di origine, il Kazakistan, con la figlia di soli 6 anni. La donna era stata rintracciata e fermata con un impressionante dispiego di forza di polizia solamente 3 giorni prima in una casa a Roma, poi trattenuta nel CIE di Ponte Galeria in attesa del rimpatrio forzato. Rimpatrio avvenuto solamente 3 giorni dopo, con una procedura che raramente si è vista così veloce ed efficiente
Muktar Ablyazov è una delle voci di opposizione più influenti in Kazakistan, ha rivestito importanti ruoli economico-finanziari nella sua vita e ha cofondato il movimento di opposizione Democratic Choice of Kazakistan. In esilio da diversi anni e riconosciuto rifugiato dalla Gran Bretagna, ha dato l’annuncio preoccupato del rimpatrio della moglie e della figlia tramite Facebook. Giusta preoccupazione se si ricorda che secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International risulta che pratiche di tortura sono regolarmente perpetrate nei confronti di oppositori e dissidenti da parte delle forze di polizia e di sicurezza.
“Se la procedura sorprende per la modalità con cui si è realizzata, cosa ci preoccupa in maniera fortissima è la possibilità che la Signora Shalabayeva possa subire nel suo paese trattamenti disumani o violazioni dei suoi diritti umani. Questo è secondo noi un rischio, purtroppo molto concreto” dichiara Christopher Hein direttore del CIR (Consiglio italiano per i rifugiati).
Nel rimandare la signora Alma Shalabayeva nel suo paese di origine, l’Italia potrebbe aver violato il Testo Unico Immigrazione secondo cui nessuno può essere in nessun caso rimandato verso uno Stato in cui rischia di subire persecuzioni. Il CIR ritiene che potrebbe essere stata violata anche la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che prevede che nessuno può essere respinto o espulso verso un Paese in cui rischia di essere sottoposto a trattamenti disumani o degradanti. Non ci sembra che le autorità italiane abbiano pienamente valutato le conseguenze che tale rimpatrio forzato potrebbe avere.

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