Nell’Italia meridionale sono stati individuati 305 orfani di femminicidio, di cui 72 in Campania. Sono i dati emersi nel corso della tavola rotonda sui figli di vittime di crimini domestici che si è svolta oggi a Napoli, organizzata dalla cooperativa sociale Irene 95 e dal Consorzio Co.Re. in collaborazione con il Comune di Napoli e Cnca (coordinamento nazionale comunità di accoglienza) nell’ambito del progetto Respiro (Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli Orfani Speciali).
Respiro, giunto al secondo anno di operatività, è realizzato dalla cooperativa Irene ’95 in qualità di ente capofila, in collaborazione con una rete di 13 partner dell’area sud Italia e isole, ed è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
“È stato difficile individuare questi dati sugli orfani speciali – ha commentato Fedele Salvatore, presidente di Irene 95 – ed è stato possibile soltanto facendo un lavoro alla vecchia maniera: abbiamo passato mesi sui giornali a leggere tutti i fatti di cronaca degli ultimi 15 anni. Di questi 305 orfani individuati, per 100 abbiamo avviato la presa in carico, dopo aver fatto un’analisi dei bisogni; per altri 123 abbiamo per il momento abbiamo solo avviato i contatti; gli ultimi 82 invece sono stati soltanto individuati”.
Secondo Salvatore, la cosa importante è che non bisogna considerare questi orfani come effetti collaterali “ma si tratta di persone, con una loro dignità da tutelare e proteggere. Noi dobbiamo fare in modo di lasciare in eredità allo Stato, quando questo progetto finirà, una procedura condivisa, un modo di agire che serva alla tutela del minore, è necessario che sia chiaro ‘chi fa cosa’ subito dopo la morte della vittima”.
Maria de Luzenberger, procuratrice della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Napoli ha sottolineato come in molti paesi esistano delle agenzie per queste vittime minorenni, cosa che manca in Italia. “Ci sono anche delle case protette in cui vengono portate le vittime minori, ed è che lì vanno tutti, dalle forze dell’ordine ai magistrati agli assistenti sociali. Non è più il bambino che si sposta in continuazione ma sono gli altri che vanno da loro”. Per quanto riguarda la necessità di elaborare una procedura condivisa in caso di femminicidio, de Luzenberger ha sottolineato che “bisogna però anche rivendicare la particolarità di ogni caso che va studiato singolarmente. Ci vuole un percorso condiviso, è vero, ma che lasci la possibilità di essere modulato ogni volta, perché ogni caso giudiziario è diverso dall’altro. Gli orfani speciali sono vittime speciali perché hanno bisogno di attenzioni speciali. Spesso si tratta di bambini che sono già vittime di anni di maltrattamenti, ma quando si fa il processo alla fine si procede solo per l’omicidio”.
Di necessità d standardizzare una procedura, velocizzarla e operare in maniera più diretta ha parlato Nunzia Brancato, dirigente divisione anticrimine della Questura di Napoli: “Non c’è ancora un protocollo che ci consente di entrare nell’immediatezza del delitto, per questo stiamo lavorando con la Procura. Nel frattempo ci siamo strutturati per pensare alle vittime in quanto tali. Ogni caso è un caso a sé e porta con sé una violenza speciale. Per questo è un bene avere degli schemi predefiniti, una preparazione di base, perché può aiutare a conoscere un contesto che si può replicare anche se non si può dare mai per scontato niente. È chiaro che però  non sono la figura di riferimento che interviene nell’immediato, io sono un link, un anello di collegamento. Ho bisogno del filtro dei servizi sociali, degli enti comunali. Per questo serve sicuramente una struttura di raccordo”.
“Noi cerchiamo di investire in formazione e capillarità – ha commentato il capitano Giovanni Spadoni, del comando provinciale dei Carabinieri – È necessario che chi per primo interviene abbia già gli strumenti per approcciare casi così delicati. La formazione ti dà gli strumenti prima che avvenga il fatto. Questi ragazzi possono essere recuperati attraverso un percorso condiviso”.
Alla tavola rotonda ha partecipato anche la presidente ordine degli avvocati di Napoli Immacolata Troianiello che si è detta disponibile alla realizzazione di un protocollo d’intesa per lavorare a questi casi.
Anche Gilda Panico, presidente ordine assistenti sociali della Campania, ha sottolineato la necessità di protocolli condivisi. “Fare in modo che, così come c’è lo psicologo nella scuola, ci sia anche l’assistente sociale. Sarebbe importante anche avere un luogo neutro all’interno delle scuole dove una mamma che accompagna un bambino possa parlare delle sue cose, perché spesso la questura è vista come ‘troppo’”.
Elena Procino, del comitato pari opportunità dell’Ordine degli Psicologi della Campania ha parlato anche dell’importanza di puntare l’attenzione sulle emozioni: “Abbiamo parlato poco dell’emozione del dolore che questi bambini provano. I bambini provano un dolore immenso e anche tanta rabbia. Il lavoro che possiamo fare è questo: educare alle emozioni, che non sono solo quelle positive che la nostra società ci impone. Dobbiamo fare i conti anche con quelle negative”.
Giovanni Galano, Garante per l’Infanzia e l’adolescenza della Regione Campania ha chiesto di aggiungere a questo dibattito sulle vittime speciali anche le asl e gli ambiti perché “non possiamo non coinvolgere la neuropsichiatria infantile in questo ragionamento. Il trauma non si elimina, ma si elabora. Come? Noi ci dobbiamo occupare le generazioni future”.
“C’è l’impegno della scuola a lavorare insieme – ha detto Annamaria Fierro, dell’ufficio scolastico regionale – perché il nostro obiettivo deve essere quello di permettere al minore di chiudere quel fascicolo un domani, soprattutto da un punto di vista umano, non solo legale.Porto l’impegno della scuola di lavorare per l’accoglienza da parte di docenti e alunni, di integrazione e promozione di cultura dell’inclusione”.
Ad inizio dibattito hanno portato i saluti l’assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli, Luca Trapanese, la consigliera regionale Roberta Gaeta e GiovanPaolo Gaudino, presidente di Co.Re.
Trapanese ha ribadito l’importanza dell’infanzia “sempre al centro delle nostre  azioni. La rete che si può costruire è la cosa più importante. Per quanto ci riguarda, diamo la massima disponibilità per essere quanto più operativi possibile”. Roberta Gaeta ha anche sottolineato, come gli altri, l’importanza di lavorare ad una procedura condivisa attraverso percorsi di vita che siano dei programmi, non solo dei progetti. Dobbiamo riuscire a standardizzare perché ci vuole l’ordinarietà”. Secondo Gaudino “è importante vedere le istituzioni che si mettono insieme per tirare fuori procedure che possono servire. Per la tutela dei minori è importante che tutti ci mettiamo insieme e si segua tutto il percorso perché la tutela va seguita quotidianamente, finché il ragazzo non vive a pieno nella società”.

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