Dal 12 maggio al 19 novembre, presso la Fabbrica del Vapore di Milano, apre al pubblico la mostra fotografica del maestro Sebastiao Salgado, dal titolo “Amazonia”. Oltre 200 le fotografie esposte, che raccontano la vita della foresta amazzonica e dei suoi abitanti, per portare lo spettatore a riflettere sull’importanza della salvaguardia di questo patrimonio naturale unico al mondo, che sta via via scomparendo. Le immagini che ritraggono paesaggi incontaminati e antiche tribù, con l’accompagnamento sonoro, composto per l’occasione dal musicista francese Jean-Michel Jarre e ispirato ai suoni della foresta amazzonica, creano i presupposti per un’immersione totale in quel mondo naturale e primitivo. Un mondo che sta scomparendo per mano dell’uomo e che, per l’importanza che ha sugli equilibri del pianeta, va protetto e curato. A curare la mostra è, ancora una volta, la compagna di vita di Salgado, la moglie Lelia Wanick, tra le più importanti autrici, produttrici cinematografiche e attiviste per l’ambiente del Brasile. Insieme alla moglie, Salgado, nell’aprile del 1998, ha fondato l’Istituto Terra, un’organizzazione senza scopo di lucro, che ha come obiettivo la rigenerazione di una parte della foresta amazzonica, la Valle del Rio Doce. Una terra ricca di ferro sfruttata indiscriminatamente per le risorse minerarie, a cui Salgado è legato affettivamente. Infatti, proprio lì, vicino la città di Amorés, nello Stato di Minas Gerais, fino alla sua morte, il padre di Sebastiao junior, Sebastiao Ribeiro Salgado, aveva gestito una fattoria. Lì, il giovane Sebastiao trascorre la sua infanzia, tra la vista della foresta pluviale, la Mata Atlantica, e quella delle miniere d’oro e di ferro. Il bacino del fiume Doce è uno dei più importanti del sud-est del Brasile. Nell’area vivono più di quattro milioni di persone, che affrontano quotidianamente le conseguenze della deforestazione e dell’uso inappropriato delle risorse naturali, come l’erosione del suolo e la scarsità d’acqua. Grazie al lavoro dell’Istituto Terra, migliaia di ettari di aree degradate della Foresta Atlantica al centro del Rio Doce e quasi 2.000 sorgenti sono già in via di recupero. La stessa terra che era stata strappata alla foresta, per dar spazio a ranch e miniere, oggi sta tornando ad essere la culla di biodiversità per la flora e la fauna della foresta pluviale. In meno di 30 anni sono già stati piantati 4 milioni di alberi, appartenenti a 290 specie autoctone. Attraverso la riforestazione si è riusciti a ridare la vita a tutta l’area: in quella che era una zona ai limiti della desertificazione, oggi si contano 172 specie di uccelli, 33 diverse specie di mammiferi e svariati tipi di rettili.

Per far si che il loro sforzo non venga vanificato dalle future generazioni, Sebastiao e la moglie Lelia hanno deciso di dar vita al CERA, il Centro per l’Educazione e il Recupero Ambientale, con lo scopo di contribuire allo sviluppo sostenibile della Foresta Atlantica, attraverso progetti educativi e formazione diretta. La strategia del CERA è quella di lavorare con figure di grande importanza sociale, come insegnanti delle scuole tecniche agrarie e forestali, insegnanti della scuola primaria e secondaria, sindaci, leader politici e, soprattutto, produttori rurali della regione, per istaurare un rapporto continuativo finalizzato al recupero e la conservazione dell’ambiente locale e regionale. Perché, come dice lo stesso Salgado, non basta piantare alberi: “Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela”.

di Valerio Orfeo

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