ROMA- Utilizzare le parole lavoro e povertà nella stessa frase può sembrare un ossimoro. Purtroppo non è così, oggi lavorare non scongiura il rischio povertà per il futuro. È quanto emerge dallo studio “Millennials, lavoro povero e pensioni: quale futuro?” condotto da Censis e Confcooperative. Sono 5,7 milioni i lavoratori che, qualora non dovesse essere invertita la rotta, potrebbero andare ad ingrossare la fetta di poveri entro il 2050. Una situazione paradossale. Lo studio evidenzia che i motivi fondanti di questa disastrosa previsione sono il tardivo ingresso nel mondo del lavoro e la discontinuità contributiva. Un’altra enorme disparità che viene fuori dal documento è quella relativa alle pensioni. Risulta marcatamenete evidente una discriminazione tra generazioni. Nel confronto fra la pensione di un padre di oggi e quella prevedibile del proprio figlio si calcola un divario del 14,6 per cento. L’attuale sistema pensionistico garantisce ad un lavoratore andato in pensione nel 2010 e che ha accumulato trentotto anni di contributi versati in maniera continuativa l’84,3 per cento dell’ultima retribuzione.
Il Sud- Il dettaglio regionale evidenzia una forte disparità socio – economica tra nord e sud. In questo senso quello più rappresentativo è il dato riguardante i Neet, acronimo inglese che in italiano indica giovane tra i 18 ed i 34 anni non impegnati né nello studio, né nel lavoro. Dal rapporto emerge che quelli tra i 25 edi 34 anni sono 2 milioni. Oltre la metà, 1,1 milioni al sud. Leggendo ancor più il dato per singole regioni si nota che 700mila circa sono concentrati tra Sicilia (317mila) e Campania (361mila).
La Campania è la regione che maggiormente è stata colpita da questo fenomeno. Sui 361mila Neet di questa regione il tasso di occupazione arriva solo al 40,6 per cento. Peggio, in termini percentuali, solo la Calabria col 35,7 e la Sicilia col 40,1. In termini assoluti in Campania restano di più, così come per il tasso di disoccupazione che in questo regione arriva al 30,4 per cento, mentre il tasso di inattività al 41,7. “Il numero di giovani che non lavorano e non si formano in Campania è ancora troppo alto. È una piaga sociale – ha dichiarato all’indomani del rapporto il presidente di Confcooperative Campania, Antonio Borea – che riguarda il bene comune dei nostri territori: stiamo rischiando di perdere un’intera generazione. La Campania è un territorio giovane, ma incapace di trattenere risorse umane e di orientare i ragazzi ad intercettare i loro talenti e le loro passioni”.
 

di Ciro Oliviero

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