Un nuovo frutteto intitolato al magistrato Paolo Borsellino all’interno del quale gli alberi via via piantati porteranno il nome delle vittime innocenti di camorra. Nel bene confiscato alla criminalità organizzata di via Petrarca 50 a Napoli dove un tempo sorgeva la villa del boss Michele Zaza prima del sequestro del 1985 e poi del suo riutilizzo sociale tramite bando di affidamento del Comune di Napoli risalente a qualche anno fa, da sabato si è aggiunto un ulteriore presidio di legalità, oltre a quello già esistente di Casa Glo servizio della Cooperativa Sociale L’Orsa Maggiore: un grande appezzamento di terra che, come detto in sede di presentazione da Libera Contro le Mafie e Arca- Agende Rosse Campania quest’ultima associazione di promozione sociale cui è affidata la gestione, si trasforma da “Terra di Dolore a Terra di speranza’’. A curare i 100 alberi e l’intera area del frutteto saranno soprattutto le persone più fragili, protagonisti appieno di quello che si può definire a tutti gli effetti un hub sociale sostenuto da un partenariato pubblico-privato composto da associazioni, cooperative sociali e con il contributo del Cnr. A partecipare all’inaugurazione di sabato l’arcivescovo metropolita di Napoli don Mimmo Battaglia, i ragazzi dell’istituto Antonio Serra, di realtà – oltre ad Arca e Libera – come Manitese rappresentata in questo caso dal docente e costituzionalista Renato Briganti, la testimone di giustizia e ora parlamentare Piera Aiello, il magistrato Giovanni Conzo, la vicesindaca di Napoli Maria Filippone.

Il primo albero piantato don Mimmo –Il primo albero piantato da don Mimmo Battaglia del nuovo frutteto è dedicato alla pace in un momento in cui la guerra è rientrata nel cuore dell’Europa. L’arcivescovo metropolita rivolto ai ragazzi del Serra, autori di una lettera di introduzione della giornata, ha affermato: «Questo terreno profuma di libertà ma sino a qualche anno fa era segno di un potere. Oggi grazie alla confisca e a chi si sta impegnando per curarlo, viene fuori il messaggio che costruire un’alternativa è possibile. Qui non c’è più un segno di potere ma il potere di un segno e la differenza è enorme». Poi l’aggiunta. «Si può costruire qualcosa di forte, di bello, di giusto. Alla fine saranno la libertà, l’amore e la giustizia, la vita contro ogni logica di morte, a vincere. Al contrario, le mafie portano soltanto morte. Stare dalla parte della giustizia costa fatica perché significa avere il coraggio della coerenza. Non date mai in appalto la vostra coscienza» la conclusione di Battaglia.

Le difficoltà e il riscatto- Il percorso che ha portato all’inaugurazione del nuovo frutteto è stato accidentato come ricordato da Nunzio Sisto presidente di Arca Campania – Agende Rosse chiamata alla gestione dell’area. «Quando siamo arrivati – le sue parole – c’era ancora la presenza di personaggi legati al vecchio clan che continuavano con alcune attività illecite come l’allevamento abusivi di cani da caccia, quaglie, galline, conigli. Cacciarli non è stato facile. Il Comune di Napoli, ma anche le altre amministrazioni pubbliche per quanto attiene ad altre realtà, devono capire che un bene confiscato non può essere considerato un satellite». Per Sisto, «fondamentale è che le istituzioni mostrino vicinanza ai soggetti gestori altrimenti è dura. Nel 2017, quando siamo entrati, era visibile lo scempio. C’era una edificazione abusiva, un allaccio abusivo dell’acqua pubblica e un’importante discarica di rifiuti speciali gigantesca. Asìa Napoli è dovuta intervenire con una squadra speciale riempiendo 9 compattatori. C’era la monnezza reale e morale. Non si può far finta di nulla».

Uno sguardo al raduno di Libera –Tra pochi giorni, il 21 marzo, è previsto il 27esimo raduno di Libera che quest’anno si svolgerà proprio a Napoli. La giornata di inaugurazione del frutteto è stata l’occasione per confrontarsi con Antonio D’Amore, referente provinciale di Napoli di Libera Campania. «Attraversiamo un momento buio e l’inaugurazione di un frutteto la possiamo vedere come un punto di luce che ci fa vedere meglio la strada da seguire». D’Amore ha rievocato poi il film i “Cento Passi’’ riferendosi alla coscienza che ciascuno di noi deve coltivare per difendere la legalità e sopire l’apatia. «In una scena Peppino Impastato spiegava al suo amico fotografo la questione dell’aeroporto a Punta Raisi (a Palermo ndr.) descrivendogli la bellezza. Se il popolo perde il contatto con la bellezza, allora si rassegna. Abbiamo a che fare con un popolo rassegnato e una politica sorda. Esiste però fortunatamente una piccola comunità che mette in discussione un sistema, che si sporca le mani e crea rete». A rafforzare il concetto Renato Briganti, costituzionalista e attivista dell’associazione Manitese. «Questo frutteto fa capire che le mafie, anche se qualche volta vincono, possono perdere. Giovanni Falcone, un altro magistrato di valore, ci ricordava che la mafia è un fattore umano e che come tutti i fattori umani ha un inizio e una fine. Come in guerra, anche le guerre di mafia hanno causato la morte tra i civili. Sono 1074 le vittime innocenti della criminalità organizzata».

di Antonio Sabbatino

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