BARI. Rachel Corrie, l’attivista statunitense che, a soli 23enne finì trucidata da un bulldozer dell’esercito israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza, nel tentativo di impedire la distruzione di alcune case palestinesi, scriveva nel 2003:  «Io non so se molti dei bambini qui abbiano mai vissuto senza i buchi di carri armati alle pareti, senza le torri di un esercito di occupazione che li sorveglia costantemente da un orizzonte vicino. Io penso, sebbene non sia del tutto sicura, che anche il più piccolo di questi bambini capisce che la vita non è così ovunque». Nel 2003 il R.E.C. (Remedial Education Center), Ong partner dell’Arci Puglia, era già attivo da 10 anni: nasceva infatti nel 1993, con una lettera di accredito e un progetto di sostegno educativo a bambini con difficoltà di apprendimento approvato dall’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi). Il REC lavora con questi bambini e le loro famiglie per far crescere comunità solidali basate sull’integrazione socio-economica. Ricompatta ciò che anni di assedio hanno sfaldato: un’educazione regolare, la relazione di fiducia con l’altro e la prospettiva di un programma di vita. Con l’educazione popolare, il REC accoglie e rafforza il protagonismo giovanile, rispondendo al bisogno di riconoscimento che i ragazzi in stato di vulnerabilità esprimono. Fa leva sulla resilienza, la capacità di rispondere positivamente ad eventi traumatici riorganizzando la propria vita nelle difficoltà.
IL PROGETTO. A giugno, parte del programma educativo del REC si svolgerà in Puglia: qui l’Arci, con il progetto di solidarietà internazionale Giochi di Pace, ospiterà 2 summer camps con l’obiettivo di contenere lo stress traumatico dei bambini di Jabalia e ricalibrare il rapporto con l’altro da sé in condizioni di convivenza pacifica. Due settimane per sciogliere i nodi comportamentali del linguaggio di violenza a cui quotidianamente i bambini devono fare fronte nel difficile isolamento della Striscia. L’impegno diretto dei circoli Arci nella costruzione di questa comunità solidale e la scelta di non dipendere dall’esclusivo finanziamento pubblico sono i punti cardine del progetto, in cui il piano politico di promozione della conoscenza si combina con microazioni di rafforzamento della comunità mediterranea. Quando, nel luglio scorso, il direttore del REC Husam Hamdouna si recò in visita in Puglia, si discusse della difficile convivenza tra difesa del diritto, resistenza ed educazione alla Pace in un clima di perenne conflitto; e lui portò ad esempio quanto avvenuto nel 2009, durante l’offensiva Piombo Fuso, quando l’esercito israeliano devastò una scuola del REC. Sulla lavagna i soldati avevano scritto: «Scusate bambini se abbiamo distrutto i vostri giocattoli. Siete nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
«AMICI ITALIANI». A seguito delle consultazioni con le famiglie, la risposta del REC fu tacere ai bambini “chi” aveva distrutto la scuola, con la motivazione che non si può allevare una generazione nell’odio. Il 13 marzo di quest’anno, alle 2 di notte, l’aviazione israeliana bombarda Jabalia. Obiettivo del drone: due abitazioni di civili. A terra restano i detriti e 23 morti, di fronte, una scuola elementare a cui l’esplosione ha divelto porte, finestre, tutto. La scuola, del REC, è rimasta chiusa per due giorni, completamente danneggiata. «Per fortuna i bambini, le loro famiglie e gli operatori stanno bene, ovviamente di salute, per il resto un po’ di meno», racconta Yousef Hamdouna, uno degli educatori. E bisogna ricominciare daccapo. Nella ricostruzione materiale, ma anche e soprattutto in quella interiore, con nuovi tasselli, ricchi di speranza, sogni, diritti, da ricomporre. Anche grazie all’aiuto «degli amici italiani e dei campi estivi, perché i bambini che non hanno potuto andare in Italia negli anni precedenti hanno ancora la speranza di partecipare».

di Ortensia Ferrara

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