NAPOLI. La Duchesca, il borgo Sant’Antonio Abate, l’antica Rua Catalana, i Quartieri spagnoli e la zona di Chiaia: strade e vicoli partenopei che si intrecciano con le storie di “Mimì do Vesuvio”, “Anastasia a’ friulana” e “Nanninella a’ spagnola”. Dopo 54 anni dalla legge Merlin (20 febbraio 1958), le case chiuse riprendono vita nelle “passeggiate narrate”, proposte dall’associazione culturale Insolitaguida. Un viaggio sulle tracce del peccato, ridisegnando la mappa dei luoghi dove si svolgeva il mestiere più antico del mondo. Scrupolosa la ricostruzione, basata sui testi storici e le testimonianze del popolo, della dottoressa Luigia Salino.  Le ‘graziose’ e le “Bocca di Rosa”, cantate da De Andrè, riappaiono e narrano le loro storie di  riso e pianto, consumate nell’oscurità dei vicoli.
IL TARIFFARIO. Tappa centrale della passeggiata è “La Suprema”, la più rinomata casa di tolleranza della città, che oggi è un lussuoso albergo di via Chiaia. «Quando la casa fu chiusa – racconta Luigia Salino – fu acquistata da un marchese, che abitava nel palazzo adiacente. Si nota la netta distinzione tra la prima parte, arredata in modo sobrio ed elegante, e la seconda tinteggiata di rosso, che segna l’ingresso alla Suprema».
Molti gli elementi d’arredo rimasti inalterati: le insegne con il tariffario, l’angolo della toilette con il bidet e una specchiera con il catino dell’epoca. Rimasto intatto anche il balconcino da cui si affacciavano le prostitute. Gli uomini sceglievano le donne ammirandole dal basso, pagavano la marchetta alle “maitresse” e attraverso una scala “segreta”, ancora oggi praticabile, accedevano direttamente alla stanza della prescelta. Nelle camere, sulle cui porte sono riportati ancora i nomi delle “signorine” che ci lavoravano, c’è l’arredo tipico dell’epoca: tende doppie e letti di legno scuro. «Due volte a settimana –  racconta Luigia Savino – le “signorine” venivano visitate da un medico e per non stancare i clienti, ma anche per evitare che la frequenza degli incontri facesse nascere dei sentimenti, le ragazze venivano sostituite ogni quindici giorni. Il gruppo di “signorine” di turno costituiva la cosiddetta “quindicina”».
L’ANEDDOTO SU LINO BANFI. L’itinerario si arricchisce di molti aneddoti, anche riguardati personaggi famosi: in una casa chiusa di vico Sorgente 18, per esempio, «Lino Banfi avrebbe perso la sua verginità». Cosa non insolita per l’epoca: la tradizione voleva, infatti, che al compimento del diciottesimo anno i ragazzi fossero portati per la prima volta in queste case. A volte, soprattutto se accompagnati da adulti, venivano accettati anche prima di essere maggiorenni.
Storie e testimonianze arrivano anche dai visitatori più anziani che ripercorrono un’epoca in cui “le case del piacere” erano perfino luoghi di socializzazione e la prostituzione non veniva percepita come mera mercificazione del corpo femminile. La “passeggiata narrata” termina al Caffè Gambrinus dove le cocotte, escort del passato, adescavano i clienti danarosi. «Quel 20 febbraio le “signorine” e  le “maitresse” piangevano tutte: perché non sapevano dove andare». A chiudere l’itinerario la lettura di una lettera, scritta da un personaggio famoso, legato a Napoli, che per mantenersi gli studi lavorò in una casa chiusa. Per tutti i nostalgici, ma anche per chi volesse vivere uno spaccato di Napoli inusuale, l’appuntamento con la passeggiata “Il peccato: quando le case erano chiuse”, organizzata da Insolitaguida, è per l’11 marzo prossimo.
PER SAPERNE DI PIU’:
www.insolitaguida.it (CULTURA. Il sito dell’associazione che organizza le visite)

di Emiliana Avellino

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