Stando agli ultimi dati Istat circa il 34% dei diversamente-abili con un’età compresa tra i 25 ed i 44 anni vive con i genitori. Il 17% di essi con uno solo. Nel 90% dei casi la famiglia rappresenta il perno fondamentale. In Italia di soggetti diversamente-abili se ne contano circa 2 milioni. Ma cosa ne sarà di loro quando i genitori saranno troppo anziani per supportarli e sostenerli nella quotidianità? E’ la domanda che si sono posti gli studenti del corso in “Uffici Relazioni con il Pubblico e Uffici Stampa per la Pubblica Amministrazione e Non Profit” tenuto dalla Professoressa Gaia Peruzzi, relativo al corso di laurea specialistica in Comunicazione e Pubblicità per Pubbliche Amministrazioni e Non Profit dell’Università “Sapienza” di Roma. Il percorso, che si proponeva di far sperimentare agli studenti un’attività di scrittura giornalistica e di stimolare le capacità di riflessione critica sulle proprie competenze di ricerca, ha visto il tema del “Dopo di Noi” come perno centrale dell’attività laboratoriale. Gli studenti hanno da un lato raggiunto i propri obiettivi formativi, ma dall’altro si sono trovati di fronte ad una incredibile “mappatura” del problema lungo tutto lo Stivale. Ecco perché Comunicare il Sociale sceglie di proporre ai suoi lettori questa serie di reportage che indagano le eccellenze, le buone prassi ma anche le falle e le difficoltà che ogni giorno le famiglie con figli diversamente abili si trovano a dover affrontare.

NEI GRANDI CENTRI FIORISCONO STRUTTURE AD HOC, MA AI PICCOLI COMUNI CHI CI PENSA?
LATINA, STORIA DI UNA BUONA PRASSI TUTTA DA FAR DECOLLARE

di Domenico Antonelli

Quando a fare la differenza è la città di residenza. A volte, oltre quelle architettoniche, ci sono altri tipi di barriere che vanno ad ostacolare il percorso del diversamente abile verso la propria autonomia: quelle territoriali. Spesso capita, infatti, che basta nascere a pochi chilometri di distanza per non poter usufruire di tutte quelle strutture di cui godono, invece, i centri più grandi e attrezzati. A Roma, in particolare, fioriscono tante associazioni, tra cui la “Fondazione Handicap: Dopo di Noi”, costituita nel 2004 per volontà del Comune di Roma, al fine di attuare progetti che vedono coinvolte le persone con disabilità. Il progetto prevede diverse modalità di attuazione, volte a realizzare degli spazi di crescita e autonomia per le persone con sindrome di Down prima del loro distacco dalla famiglia, preparandole in modo graduale alla separazione dal nucleo familiare. In particolare, il progetto “Vivere da adulti” offre alle persone che abbiano compiuto i 35 anni di uscire dal proprio isolamento e vivere esperienze di gruppo, staccandosi dalla famiglia. “La casa del weekend”, invece, si rivolge sia ad adulti che a ragazzi con sindrome di Down e propone una sperimentazione concreta di vita quotidiana. Percorsi, questi, volti a rafforzare la consapevolezza che si diventa adulti e che quindi è importante fare conoscenze, instaurare rapporti e collaborazioni.

IL “DOPO DI NOI” NEI PICCOLI CENTRI – Storia diversa, invece, per i centri più piccoli. Mentre a distanza di pochi chilometri dal capoluogo pontino i centri di sostegno ed integrazione per i diversamente abili continuano a moltiplicarsi, a Latina, ad esempio, si registra un’inversione di tendenza. Qualcosa, però, sta cambiando anche qui. Il merito? Sembra essere tutto di Diaphorà, un’associazione che da anni sta proponendo delle iniziative a sostegno dei diversamente abili. « E’ da quasi dieci anni che si parla di progetti sul “Dopo di Noi” – commenta Carla Cerroni, presidente della Diaphorà – ma inizialmente non abbiamo incontrato il pieno appoggio delle famiglie. Ora, invece, qualcosa è effettivamente cambiato e, nelle stesse famiglie, si avverte la necessità di far intraprendere ai ragazzi un percorso di crescita e di autonomia». Parole confermate anche da Anna, mamma di Federico, un ragazzo ospite del centro della Diaphorà. « Abbiamo bisogno di una struttura che possa ospitare i nostri ragazzi e prepararli ad una vita autonoma. Ho sentito alcune mamme che sperano di morire dopo i figli perché non sanno dove e con chi lasciarli. Questo è inammissibile». Parole che portano con loro un grido d’allarme forte.

L’ASSOCIAZIONE – La Diaphorà da anni ospita nel suo centro tanti ragazzi con handicap vari, con l’intento di farli partecipare a numerose attività: dalla cucina alla pulizia della casa, dalla cura della persona all’imparare le nozioni basilari di alcuni mestieri. « Da questa esperienza – spiega Carla Cerroni – è nato un bel gruppo, tante belle amicizie e dei legami affettivi forti, tanto che nel nostro centro si sono anche formate due coppie »
Il fare gruppo, però, rappresenta solo un primo passo del programma della Diaphorà. «Abbiamo già pronti dei progetti – continua – volti al vivere insieme, che avvieremo l’anno prossimo., ad esempio, in collaborazione con un’associazione di Bracciano, permetterà ai ragazzi diversamente abili di trascorrere un weekend al mese fuori dall’ambito familiare, all’interno di una casa-famiglia con altri ragazzi e con quattro educatori. Si inizierà, ovviamente, con un periodo limitato, poi l’agenda degli incontri potrà diventare più fitta, a seconda delle risposte che gli stessi ragazzi daranno »

IL PROGETTO – In un futuro prossimo, però, l’idea è quella di operare al centro di Latina: «Non possiamo farlo nella nostra sede perché troppo distante dal centro – spiega la presidente della Diaphorà – i ragazzi, invece, dovranno imparare a vivere da soli e a vivere la città, spostandosi presso il luogo di lavoro e tornare a casa in maniera indipendente» Abbattendo, così, qualsiasi tipo di barriera nel percorso verso l’autonomia.

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