Stando agli ultimi dati Istat circa il 34% dei diversamente-abili con un’età compresa tra i 25 ed i 44 anni vive con i genitori. Il 17% di essi con uno solo. Nel 90% dei casi la famiglia rappresenta il perno fondamentale. In Italia di soggetti diversamente-abili se ne contano circa 2 milioni. Ma cosa ne sarà di loro quando i genitori saranno troppo anziani per supportarli e sostenerli nella quotidianità? E’ la domanda che si sono posti gli studenti del corso in “Uffici Relazioni con il Pubblico e Uffici Stampa per la Pubblica Amministrazione e Non Profit” tenuto dalla Professoressa Gaia Peruzzi, relativo al corso di laurea specialistica in Comunicazione e Pubblicità per Pubbliche Amministrazioni e Non Profit dell’Università “Sapienza” di Roma. Il percorso, che si proponeva di far sperimentare agli studenti un’attività di scrittura giornalistica e di stimolare le capacità di riflessione critica sulle proprie competenze di ricerca, ha visto il tema del “Dopo di Noi” come perno centrale dell’attività laboratoriale. Gli studenti hanno da un lato raggiunto i propri obiettivi formativi, ma dall’altro si sono trovati di fronte ad una incredibile “mappatura” del problema lungo tutto lo Stivale. Ecco perché Comunicare il Sociale sceglie di proporre ai suoi lettori questa serie di reportage che indagano le eccellenze, le buone prassi ma anche le falle e le difficoltà che ogni giorno le famiglie con figli diversamente abili si trovano a dover affrontare.

UNA COOPERATIVA PER TRASFORMARE IL “DOPO DI NOI” IN UN “QUI ED ORA”

di Francesca Paniccia

LA CASA DI ANNAMARIA – E una storia d’impegno è quella di “La casa di Annamaria”, struttura recentemente inaugurata a Formia, in provincia di Latina. Una casa, non solo nel nome ma anche nei fatti, gestita dalla cooperativa sociale Herasmus, voluta 20 anni fa dall’Associazione famiglie disabili di Formia. Una cooperativa quasi interamente al femminile, che gestisce da tempo un centro diurno che ospita utenti disabili, ed ora anche la casa famiglia. Annamaria è il nome di una madre che si è impegnata strenuamente per tutelare i diritti del figlio disabile: a lei è stata dedicata la casa famiglia, per ricordare le idee in cui credeva ed in cui profondamente credono coloro che portano avanti il suo impegno. L’idea di creare una casa per gli ospiti del centro diurno è presente da sempre, racconta la presidente della cooperativa, Filly Villa, ma è stato possibile realizzarla concretamente solo adesso. Forte è stata la partecipazione, la spinta positiva e propulsiva delle famiglie affinchè nascesse un luogo in cui i propri figli trovassero accoglienza. Il dopo di noi è una realtà sempre presente nelle famiglie in cui si vive la disabilità, senza che necessariamente abbia una definizione formale: dare un nome, individuare un’etichetta riconoscibile da tutti è, forse, un processo successivo che riguarda noi, gli altri. Dal centro diurno, punto di riferimento stabile per la vita quotidiana di ragazzi e famiglie, alla nascita della casa famiglia, il passaggio è stato dunque naturale, inevitabile. “Molti ragazzi del centro diurno hanno la tranquillità di sapere che la casa di Annamaria c’è”, afferma Filly. Un progetto nato con lo scopo di offrire sicurezza per il futuro contando esclusivamente sulle proprie forze: la casa famiglia è stata realizzata senza ricevere finanziamenti pubblici. Un’assenza, quella del sostegno statale, che non ha rappresentato e non rappresenta un ostacolo insormontabile: al presente ed al futuro si guarda con fiducia, nonostante le difficoltà. Tranquillità questa, assicurata da un ambiente vitale che ripropone il senso e la partecipazione della vita familiare: i 5 ospiti, tutti adulti, sono circondati dall’affetto di 9 operatori presenti notte e giorno. Non manca la presenza dei familiari, spesso in visita, si sta anche insieme a loro, durante la giornata. La possibilità di poter riproporre un nucleo familiare nella dimensione raccolta della casa è forse, secondo Filly, la soluzione ideale per il dopo di noi. L’ambiente domestico rassicura, tranquillizza i ragazzi, che sanno che i loro genitori non ci sono più, ma stanno bene, vivono serenamente nella casa, la “loro” casa. Non solo ospiti, ma fratelli, amici, compagni di un lungo percorso di vita insieme, racconta ancora Filly, che si dedica da sempre alla cooperativa, al centro diurno ed ora anche alla casa famiglia: “Eravamo coetanei quando è nata la cooperativa e spero che invecchieremo insieme, perché è bello vivere insieme”, aggiunge. Anticipare e condividere. Queste forse le parole che descrivono al meglio il senso profondo dell’esperienza di questa casa famiglia. Una bella storia che dona speranza, che merita di essere conosciuta, come le tante altre storie di vita che, immaginiamo, costellano il dopo di noi, per dare forza a quelli che non ci credono più, perché esistono persone che vogliono condividere i loro problemi. Ma il dopo di noi quindi non è solo un problema da affrontare, un disagio da prevenire: è anche una risorsa, un’opportunità. È la gioia di una casa che prende vita dopo tante difficoltà: “Non c’è più il vuoto, adesso c’è”, conclude Filly. Ed il “dopo” può trasformarsi in un “qui, ora” da vivere ogni giorno.

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