ROMA – Nei giorni del Motor Show di Parigi, dove verranno presentati alcuni nuovi modelli, Amnesty International ha sollecitato i principali produttori di auto elettriche a informare i consumatori sulle verifiche che stanno facendo per assicurare che la catena di rifornimento non si basi sul lavoro minorile e a rendere note le loro conclusioni.
General Motors (GM), Renault-Nissan e Tesla non hanno comunicato quali misure abbiano adottato per assicurare che il cobalto estratto nella Repubblica Democratica del Congo da bambini anche di soli sette anni non sia usato nelle batterie che alimentano le loro auto elettriche.
“Le auto elettriche potrebbero non essere così pulite come si pensa. I consumatori devono avere la certezza che le loro auto verdi non siano collegate alla miseria del lavoro minorile. I frequentatori del Motor Show di Parigi comprerebbero un’auto se sapessero che è costata l’infanzia di qualcuno?” – ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore di Amnesty International su imprese e diritti umani.
“Dalle ricerche di Amnesty International emerge un sostanziale rischio che il cobalto estratto dai bambini finisca nelle batterie delle auto elettriche. Siccome questi veicoli vengono presentati come una scelta etica per automobilisti consapevoli dal punto di vista ecologico e sociale, le aziende che li producono devono chiarire e dimostrare che agiscono con diligenza nel procurarsi i materiali con cui li fabbricano” – ha proseguito Dummett.
Il cobalto è un componente fondamentale delle batterie al litio che alimentano le auto elettriche. Più della metà delle riserve mondiali di cobalto si trova nella Repubblica Democratica del Congo, dove si calcola il 20 per cento sia estratto a mano.
In un rapporto diffuso nel gennaio 2016, intitolato “Ecco ciò per cui moriamo”, Amnesty International aveva denunciato che bambini anche di soli sette anni lavorano in condizioni terribili nelle miniere artigianali di cobalto del sud del paese, senza la minima protezione, anche 12 ore al giorno per uno o due dollari, rischiando fortemente di perdere la vita in incidenti mortali (80 casi tra settembre 2014 e dicembre 2015) e di contrarre malattie a lungo termine ai polmoni.
Il rapporto citava i dati dell’Unicef secondo i quali nel 2014 circa 40.000 bambini lavoravano nelle miniere della Repubblica Democratica del Congo, la maggior parte dei quali estraendo cobalto.

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