NAPOLI-  – Fino al 16 dicembre al Palazzo delle Arti di Napoli è possibile visitare la World Press Photo, la prestigiosa mostra di fotogiornalismo che da oltre sessant’anni raccoglie e premia le migliori immagini provenienti dai fotoreporter di tutto il mondo su tematiche di forte impatto sociale, dai conflitti bellici, alle migrazioni, dalle storie di vita alle questioni ambientali. E proprio l’edizione 2018 vede l’inserimento dell’ambiente come nuova categoria di concorso, insieme ad un’altra novità: un diverso modo di annunciare i premiati. A febbraio l’anticipazione di tutti i nominati in ciascuna delle otto categorie del concorso fotografico e dei sei candidati a foto dell’anno; nel mese di Aprile, l’annuncio, durante la cerimonia ufficiale ad Amsterdam, dei relativi vincitori unitamente al premiato per la foto dell’anno.
Per l’edizione 2018 la giuria internazionale, che ha suddiviso i lavori in otto categorie, ha esaminato 73.044 immagini, selezionando, tra queste, un totale  312 scatti di 42 fotoreporter provenienti da 22 paesi. Ad aggiudicarsi l’ambito riconoscimento di foto dell’anno della 61esima edizione Ronaldo Schemidt, fotografo venezuelano dell’Agence France Presse, per lo scatto, scelto nella categoria Spot News, che ritrae un ragazzo in fuga, avvolto dalle fiamme, nel corso di una manifestazione di protesta a Caracas contro il presidente Nicolás Maduro. Una sequenza di immagini che accendono i riflettori su un paese, il Venezuela, in constante tensione sociale e da anni in caduta libera dopo l’illusione della rinascita promessa dal rivoluzionario Hugo Chavez.
Tra i vincitori dell’autorevole contest anche 5 italiani: Alessio Mamo, 2° nella categoria People – singole; Luca Locatelli, 2° nella categoria Environment – storie; Fausto Podavini, 2° nella categoria Long-Term Projects, Giulio di Sturco, 2° nella categoria Contemporary Issues – singole e Francesco Pistilli, 3° nella categoria General News – storie, per lo scatto “Lives in Limbo”che racconta la drammatica situazione dei migranti giunti a Belgrado nel gennaio 2017, dopo la chiusura della “rotta balcanica”, e stipati nei capannoni della stazione.
«Quando sono arrivato sul posto – racconta Francesco Pistilli a Comunicare il Sociale – ho trovato una situazione disperata: circa milleduecento persone, tra uomini e bambini, abbandonate a se stesse, in mezzo a immondizia e topi, nei capannoni dimessi della stazione con una temperatura di meno 20° e la sola presenza di Medici Senza Frontiere, che aveva allestito una clinica mobile, e di un’altra Ong che distribuiva pasti caldi».
«Queste persone – continua il fotoreporter –, provenienti per lo più dall’Afghanistan e dal Pakistan, erano in condizioni estreme: per riscaldarsi avevano acceso fuochi bruciando qualsiasi cosa, anche materiali tossici. La cosa impressionante è che gli abitanti di Belgrado sembravano non essersi nemmeno accorti di loro, eppure erano tanti e ammassati a ridosso di un luogo molto frequentato, da dove speravano, affidandosi ai trafficanti, di poter raggiungere l’Europa».
E Francesco Pistilli sarà presente il 15 dicembre (ore 17.30) al Palazzo delle Arti proprio per raccontare del suo lavoro di fotoreporter sul tema delle migrazioni, così come sarà possibile ascoltare, nell’arco della permanenza partenopea della mostra, molte altre testimonianze di autorevoli fotogiornalisti da decenni impegnati a documentare le miserie del mondo e le storie di vita. Per tutte le info www.worldpressphotonapoli.com

di Ornella Esposito