VENEZIA. Tempi duri per il nostro Paese. Se l’Italia, in passato, è stata considerata meta “preferita” di molti stranieri in cerca di lavoro e sicurezze, oggi le cose cambiano. In tanti rifanno le valigie e abbandonano il nostro Paese, con la speranza di trovare fortuna altrove. A rivelarlo è una recente analisi realizzata dalla Fondazione Moressa di Mestre, che ha riscontrato un aumento delle cancellazioni relative alle registrazioni dall’anagrafe tra il 2010 e 2011.
I DATI. La fuga dall’Italia riguarda tutte le nazionalità, in particolare quelle asiatiche (17,6%) e africane ( 12,2%). Tra le regioni asiatiche, il Bangladesh risulta un’eccezione. Si riscontra un calo ma non un aumento delle cancellazioni. Sono 32.404 stranieri cancellati nel corso del 2011: quasi 20 mila riguardano i cittadini europei. Tra gli asiatici che decidono di rifare la valigia il 30,2% è costituito da cinesi, il 19,1 % da indiani. E gli Americani? Secondo le ricerche della Fondazione, sono soprattutto i brasiliani a lasciare il nostro Paese e tentare altre strade al di fuori dell’ Italia. «In generale – dichiarano i ricercatori della Moressa – sembrano lasciare l’Italia quelle popolazioni provenienti da paesi in via di sviluppo, per cui si può ipotizzare una propensione al rientro nel paese di origine oltre che allo spostamento verso altri paesi terzi».
LE MOTIVAZIONI. A scatenare la necessità di allontanarsi dall’ Italia, vi è, in particolare, la crisi economica. Tra il 2008 e il 2011, il numero di disoccupati stranieri è raddoppiato, registrando un incremento di oltre 148 mila unità. Mentre quello degli italiani disoccupati raggiunge le 267 mila unità. « I dati – continuano i ricercatori – confermano che, anche in periodo di crisi, a causa della maggiore debolezza delle reti di supporto e del vincolo del permesso di soggiorno, gli stranieri hanno minori probabilità rispetto agli italiani di passare all’inattività. Di conseguenza, si tratta di una popolazione che presenta una maggiore fragilità rispetto a quella italiana di fronte alla crisi. Questa fragilità – concludono – e la presenza di alternative migliori altrove, possono essere indubbiamente i due fattori di spinta all’abbandono dell’Italia».
di Sabrina Rufolo