BARI. «Non accenna a fermarsi la corsa al petrolio in Italia e i pirati dell’oro nero minacciano sempre di  più i mari italiani».  La premessa scritta nel dossier “Trivella selvaggia” (a cura di Giorgio Zampetti, Stefano Ciafani e Angelo Di Matteo) è la sintesi perfetta delle 16 pagine redatte da Legambiente e Goletta verde sullo stato dei nostri mari.  L’associazione ambientalista ha raccolto dati e cifre sulla ricerca del petrolio nei nostri mari, evidenziando l’inutilità dell’azione a livello economico e i danni che si arrecherebbero all’ecosistema. «Nei mari  del Belpaese- si legge nel documento-  sono  già  attive  9 piattaforme di estrazione  petrolifera ma, grazie ai colpi di spugna normativi dell’ultimo anno, a partire da quello previsto  dal recente  decreto Sviluppo in via di approvazione  definitiva dal Parlamento, si potrebbero aggiungere  almeno  altre  70 trivelle». L’allarme di Legambiente è soprattutto per il futuro «ad oggi infatti le 9 piattaforme petrolifere attive sono operative sulla base di concessioni che riguardano 1.786 kmq di mare (in Adriatico – a largo della costa abruzzese, marchigiana e di fronte a quella brindisina – e nel Canale di Sicilia). A queste aree marine interessate dalle trivelle se ne potrebbero aggiungere altre: attualmente le richieste e i permessi per la ricerca di petrolio in mare riguardano soprattutto l’Adriatico centro meridionale, il Canale di Sicilia e il mar Ionio (quest’ultimo è tornato all’attenzione delle compagnie petrolifere dopo che nel 2011 una norma ad hoc ha riaperto la strada alle trivelle anche nel golfo di Taranto). Un ultimo permesso di ricerca rilasciato riguarda anche il golfo di Oristano in Sardegna».
CONSUMI PETROLIFERI IN CALO. Secondo i dati dell’Unione Petrolifera, nel 2011 il consumo di petrolio è stato di 72 milioni di tonnellate, mentre nel primo semestre 2012 viene evidenziato un calo del 10% dei consumi (pari a 31,8 milioni di tonnellate) rispetto al primo semestre 2011(oltre 35 milioni di tonnellata). «Basta scorrere i dati sui consumi di petrolio e sulle riserve certe per capire che non ha senso tutto questo gran fermento sui mari italiani- si legge ancora nel dossier -. Al diminuire dei consumi fa da contraltare un susseguirsi di richieste, concessioni e permessi per ricercare ed estrarre le risorse petrolifere ancora disponibili nei fondali marini. Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo economico aggiornate a dicembre 2011, le scorte petrolifere a mare, classificate come certe, sono pari a 10,3 milioni di tonnellate (il 13,5% delle riserve certe tra terra e mare in Italia)  che, ai consumi attuali, sarebbero sufficienti per il fabbisogno nazionale per solo 7 settimane».
PIATTAFORME ESISTENTI E FUTURE. Nel 2011 in Italia sono stati estratti 5,3 milioni di tonnellate di petrolio, di cui  640mila tonnellate dai fondali marini. Sono 9 le piattaforme marine di estrazione petrolifera attive in Italia, equipaggiate con 68 pozzi e  localizzate nell’Adriatico centro meridionale e nel canale di Sicilia. I permessi di ricerca petrolifera già rilasciati nel mare italiano sono 19 – ben 11 nel canale di Sicilia, 4 nell’Adriatico abruzzese, 2 in quello pugliese e 1 in quello marchigiano e 1 in Sardegna (7 riguardano l’Adriatico settentrionale ma in questo caso sono più finalizzati alla ricerca di gas)  – e riguardano una superficie di  10.266  kmq  tra mar  Adriatico centromeridionale e canale di Sicilia.

di Walter Medolla

PER SAPERNE DI PIU’

Il rapporto completo di Legambiente

Cosa è il Decreto Svilippo

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