Stando agli ultimi dati Istat circa il 34% dei diversamente-abili con un’età compresa tra i 25 ed i 44 anni vive con i genitori. Il 17% di essi con uno solo. Nel 90% dei casi la famiglia rappresenta il perno fondamentale. In Italia di soggetti diversamente-abili se ne contano circa 2 milioni. Ma cosa ne sarà di loro quando i genitori saranno troppo anziani per supportarli e sostenerli nella quotidianità? E’ la domanda che si sono posti gli studenti del corso in “Uffici Relazioni con il Pubblico e Uffici Stampa per la Pubblica Amministrazione e Non Profit” tenuto dalla Professoressa Gaia Peruzzi, relativo al corso di laurea specialistica in Comunicazione e Pubblicità per Pubbliche Amministrazioni e Non Profit dell’Università “Sapienza” di Roma. Il percorso, che si proponeva di far sperimentare agli studenti un’attività di scrittura giornalistica e di stimolare le capacità di riflessione critica sulle proprie competenze di ricerca, ha visto il tema del “Dopo di Noi” come perno centrale dell’attività laboratoriale. Gli studenti hanno da un lato raggiunto i propri obiettivi formativi, ma dall’altro si sono trovati di fronte ad una incredibile “mappatura” del problema lungo tutto lo Stivale. Ecco perché Comunicare il Sociale sceglie di proporre ai suoi lettori questa serie di reportage che indagano le eccellenze, le buone prassi ma anche le falle e le difficoltà che ogni giorno le famiglie con figli diversamente abili si trovano a dover affrontare.

IL DOPO DI NOI? PROFESSIONISTI E CLOCHARD INSIEME PER OFFRIRE RISPOSTE CONCRETE

di Rossella Vecchia

ROMA. Dalla volontà di quattro volontari (iscritti regolarmente al Registro degli Amministratori di Sostegno del Comune di Roma), di un gruppo di professionisti e dalla volontà di Massimo, un senza fissa dimora che uno di loro aveva in custodia nasce, nel 2009, il progetto “La casa di Massimo”: un’associazione Onlus che gestisce a Roma una casa-famiglia che si occupa di persone con problemi psichiatrici.

IL PROGETTO – L’associazione è proprietaria di una “casa autogestita” e non riceve finanziamenti pubblici, riuscendo a sostenere le spese di mantenimento grazie ai volontari impegnati e agli ospiti della casa. Inoltre, grazie ad una collaborazione sinergica con le strutture istituzionali di appartenenza e con altre realtà simili dislocate a livello locale (come la Comunità Villa Letizia del Dottor Rullo), l’associazione si preoccupa di promuovere progetti che permettano un inserimento attivo delle persone disagiate nel mondo del lavoro, donandogli nuovamente dignità. “Il problema del dopo di noi riguarda due aspetti sostanziali: la casa e il lavoro.” – sostiene Patrizia De Vincenz Filiputti, una delle fondatrici della Onlus – “In questi anni a contatto con malati psichiatrici gravi mi sono resa conto che il bisogno primario che queste persone hanno è trasformare il loro futuro dall’essere inesistente all’essere dignitoso, e questo lo puoi fare solo reinserendoli nella vita, nobilitandoli attraverso il lavoro, senza abbandonarli in uno dei tanti ospedali psichiatrici dove sono ridotti ad essere un numero di letto”. Per questo motivo l’associazione, in collaborazione con la Comunità del Dott. Rullo, inaugurerà a breve una tappezzeria nautica, grazie al supporto di professionisti che a titolo gratuito si sono resi disposti a fornire attrezzatura e a insegnare la loro arte ai ragazzi del centro riabilitativo. Inoltre, la Onlus ha acquistato un banchetto al mercato di Testaccio, nel cuore di Roma, dove gli ospiti della casa venderanno oggetti usati. “Il nostro sogno è realizzare una comunità diffusa dove crei tante piccole imprese, e grazie agli introiti creare tante altre case famiglia. Uno dei momenti più gratificanti della mia vita è stato quando uno dei nostri ospiti, Danilo, alla domanda del giudice su come si trovava nella struttura, ha risposto che aveva ritrovato la gioia di vivere” – continua la signora Filiputti – “in quell’istante ho capito che dovevamo andare avanti nel progetto, perché come lui ce ne sono tanti altri che aspettano che qualcuno li aiuti”. La casa di Massimo è solo un esempio di come il volontariato sia riuscito, costruendo un rapporto sinergico fra più soggetti (familiari, amici, giudici tutelari, operatori) a permettere ai disabili, che perdono il sostegno della propria famiglia e rimangono soli, di non perdere la propria dignità.

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