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REGGIO-EMILIA – Per una donna vittima di violenze uscire dal baratro dove è precipitata, può diventare possibile se può contare su di una rete di aiuti ben organizzata. A Reggio Emilia, si è riunito questa settimana il Tavolo Interistituzionale contro la violenza sulle donne, che riunisce tutte le diverse realtà del territorio che operano in situazioni legate al problema. Ne fanno parte: i rappresentanti delle Amministrazioni cittadine alle Politiche Sociali, Prefettura, Tribunale, Procura, Questura, Comando Provinciale dei Carabinieri, l’Ufficio Scolastico Provinciale, l’Ordine degli avvocati, l’Associazione Nondasola, il Forum delle donne giuriste. Istituzioni che, nel giugno 2006 hanno firmato un protocollo operativo per coordinare le rispettive competenze, con l’obiettivo di facilitare e rendere più efficace il percorso delle donne vittime della violenza.

L’INIZIATIVA – Il progetto, tra i primi a livello nazionale, è nato con l’obiettivo di iniziare a costruire un luogo e uno spazio per attivare politiche di contrasto alla violenza coinvolgendo quegli enti e quelle realtà del territorio che, a diversi livelli e con specifiche competenze, operano in situazioni legate alla violenza delle donne poiché la trasversalità e l’entità del fenomeno richiedono continui confronti, approfondimenti e sinergie che ottimizzino le diverse azioni.

LE DICHIARAZIONI – “Nell’ultimo incontro del Tavolo”, ci spiega l’Assessore alle Politiche Sociali, avv. Natalia Maramotti del Comune di Reggio Emilia, “ si è concordato di costruire un documento unitario, non critico, ma di analisi e riflessioni sulle reali possibilità di attuazione del Decreto Legge del 14 agosto, e che invieremo al Ministero. Il decreto è sicuramente un gran passo in avanti, soprattutto riguardo agli strumenti per la prevenzione rispetto agli atti di violenza. Posso affermare, che il lavoro svolto dalla rete formatasi grazie al “Tavolo Interistituzionale”, aveva già in atto determinate norme del decreto. Non si può pensare di risolvere il problema sulle violenze di genere se non si pensa anche a lavorare per favorire le relazioni principali su cui si basa la società, quindi la famiglia, la coppia di qualsiasi genere ma la violenza di genere è legata alla differenza di genere quindi uomo –donna, perché nasce da una condizione di famiglia patriarcale. L’obiettivo è di fare in modo che la rete formatasi grazie al lavoro del Tavolo Interistituzionale, diventi una pietra angolare, per tutte le donne vittime di violenza. Alla base del progetto, grazie alla collaborazione dell’Associazione Nondasola, ci sono l’informazione e la formazione dei soggetti individuati dal Tavolo, che spesso sono i primi a entrare in contatto con la donna, dal personale sanitario alle forze dell’ordine, affinché tutti assumessero lo stesso linguaggio per la prima rilevazione della violenza, di quegli elementi che poi, spesso diventano probatori nell’ambito di un processo. Obiettivo, ulteriore del tavolo è un progetto di sostegno agli uomini in difficoltà, perché hanno concluso un rapporto affettivo, in quanto il problema della violenza sulle donne va guardato anche dal lato maschile, la risposta deve essere unitaria al problema. Ci vuole una comunità forte per un futuro sicuro”.

I DATI – Intanto da una ricerca dell’EURES, i dati dei “femminicidi” avvenuti in Italia tra il 2000 e il 2011, ci dicono che sono 728 le donne morte per mano di uomini, legate a loro da rapporti affettivi, “sentimentali”. L’Emilia Romagna è al secondo posto, preceduta dalla Lombardia, con l’8, 28 per cento di quei 728. A Reggio Emilia, dal 1997per le donne vittime di violenza, il Comune ha aperto la “Casa delle Donne”, una struttura gestita in convenzione dall’associazione Nondasola.

La “Casa “ ha dato accolto 3.791 donne, ospitato 148 donne e 154 figli delle stesse e ha 13 posti letto. Carmen Marini, presidentessa di Nondasola, sa che questi dati sono il frutto di un lavoro assiduo e responsabile dei volontari, anche se consapevole che sono poco più del due per cento le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, ci parla della sua esperienza: “ Come volontaria mi occupo di quello in cui ho sempre creduto: il desiderio di una vita per donne e uomini senza la violenza e in generale la ricerca di giustizia sociale per tutti. E’ inutile sentirci costernate di fronte ai frequenti femminicidi se non se ne vede il legame con tutte le leggi che fino a ieri hanno messo le donne in stato d’inferiorità. La nostra associazione ha l’appoggio delle istituzioni della nostra città, e questo è senz’altro fondamentale, ma senza le quasi 6.000 ore che ogni anno i trenta volontari dedicano a questo progetto, non sarebbe possibile dare risposte sempre più urgenti alle donne che si rivolgono a noi”.

LA STORIA – Adriana Lusvarghi ci racconta perché’ a scelto di fare la volontaria nell’associazione Nondasola. “Dal 2001sono volontaria nell’associazione Nondasola. Una mezza giornata dedicata ai colloqui con le donne maltrattate e l’altra per un confronto in équipe, durante l’anno scolastico il mio impegno è rivolto alla prevenzione nelle scuole. Gli incontri con le donne maltrattate mi convincono ogni giorno di più di quanto la forza desiderante, diventi contagiosa e racchiude il segreto di un volontariato che niente ha di oblativo ma che trova la sua ragione d’essere in questo scambio che diviene laboratorio di pensiero. A conferma di ciò è il nostro prodigarci come Associazione in favore di un cambiamento culturale indispensabile per sconfiggere la violenza maschile, a partire dai ragazzi e dalle ragazze che incontriamo ogni anno nelle scuole. Questa esperienza si configura come ulteriore motivo di forte adesione a un progetto che vuole incidere nelle relazioni tra uomini e donne per un pieno rispetto della differenza, e quindi posso con orgoglio sostenere che più che volontaria mi sento una donna che fa politica con le donne e per le donne per la mia felicità.

di Paola Amore

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