"Gli usurai", di Quentin Metsys (1466 - 1530)

 
ROMA. Un tesoro, neppure tanto nascosto, per le casse della malavita organizzata. È l’usura la nuova fortuna delle mafie in Italia: un “bot” per la criminalità organizzata che è sempre più “delocalizzato”, e che permette ai clan di entrare silenziosamente in territori vergini dal punto di vista dell’aggressione mafiosa e nello stesso tempo  di far confluire nell’economia pulita fiumi di soldi sporchi, da dover riciclare. Sono ben 54 i clan mafiosi che negli ultimi ventiquattro mesi compaiono nelle Relazioni Antimafia, nelle inchieste e nelle cronache giudiziarie. Molti sono i nomi noti: dai Casalesi al clan D’Alessandro, dai Cordì ai Casamonica, dai Cosco alla ‘ndrina dei De Stefano, dal clan Terracciano ai Fasciani, dai Mancuso ai Parisi, dai Mangialupi al clan della Stidda. Lo dice il rapporto presentato oggi a Roma da Libera, nomi e  numeri contro le mafie dal titolo “L’usura, il Bot delle mafie”. Il dossier prende in prestito questa immagine dal Pm Vincenzo Luberto che la usò all’indomani dell’operazione Star price 2 – nella quale, secondo l’accusa, diverse somme di denaro frutto dei proventi dell’usura sarebbero state utilizzate per finanziare alcune attività commerciali. Il tutto per un giro d’affari vicino ai dieci milioni di euro, gestito da tre potenti gruppi mafiosi del cosentino.
GLI INTERESSI. Secondo il rapporto l’ usura mafiosa si mostra stabile nelle grandi metropoli, ma negli ultimi tempi sta penetrando velocemente, e in silenzio, nelle ricche città di provincia. I casalesi fanno affari in Veneto e in Toscana, la ‘ndrangheta occupa le regioni del Nord Italia – Lombardia, Piemonte ed Emilia –, mentre Cosa nostra rimane legata al suo territorio di origine. E i tassi usurai cambiano di regione in regione. In Puglia, per esempio, i clan hanno raggiunto i 240% di tassi annui; in Calabria, nel vibonese, il tariffario è pari al 257% annuo, nel cosentino e nella Locride si scende a 200%. Nelle metropoli si registra il record: a Roma con tassi anche vicino al 1500% annui, che scendono però a 400% a Firenze, e a 150% a Milano. Le cifre sono altalenanti anche nelle province. I clan nel nord est padovano chiedono fino a 180% annuo, nel modenese tra il 120 ed il 150%, mentre ad Aprilia, nel basso Lazio, si è raggiunta la cifra record di 1075% di tasso annuo. Nel mirino della criminalità organizzata ci sono soprattutto aziende redditizie e attività commerciali floride che in tempo di crisi – anche quelli meglio strutturati – hanno la necessità urgente di accedere a crediti per non perdere commesse e di conseguenza essere tagliati fuori dal mercato. “In questi casi solo l’usuraio mafioso può essere in grado di movimentare e rendere disponibili ingenti somme di denaro in breve tempo – continua il rapporto – E con i soldi, accompagnati da una costante violenza psicologica ma anche fisica, il passo successivo è inevitabile: il prestito ad usura, che da un lato permette al titolare dell’azienda di salvarla, dall’altro il clan si impossessa di fatto di quell’azienda e di quell’attività economica trasformandola in una propria lavanderia”. E i rischi sono vicini allo zero, perché l’usura, e a maggior ragione quella mafiosa, è un reato che non si denuncia. “È un reato che si basa spesso sulla mancata percezione della vittima di essere stritolato in un affare illecito, si basa sull’omertà, e su un rapporto vittima-usuraio mafioso che segue la dipendenza psicologica, quasi fisica. E per paura, ma talvolta anche per vergogna, difficilmente qualcuno si presenta dinanzi alle forze dell’ordine per denunciare
LE SEGNALAZIONI. Nonostante l’enorme sommerso, alcuni dati sui sequestri operati dalla magistratura ai danni di alcuni clan mafiosi nel corso di inchieste giudiziarie, offrono uno spaccato sul fenomeno. Oltre 41 milioni di euro al clan Terracciano emigrato in Toscana; 70 milioni di euro il tesoro sequestrato al clan Moccia nel napoletano. E ancora oltre 10 milioni di euro al clan Valle Lampada, che dalla Calabria ha messo radici nell’hinterland milanese; circa 7 milioni di euro, il tesoretto di usura sequestrato a un ex contrabbandiere Mario Potenza, grazie alle dichiarazioni del boss pentito della camorra napoletana Salvatore Lo Russo; oltre 15 milioni al clan Parisi in Puglia, 5 milioni di euro al clan calabrese Facchineri che operava in Lombardia, oltre 50 milioni di euro il tesoretto della famiglia dei Casamonica a Roma. “Che siamo davanti a un fenomeno mafioso di entità preoccupante lo dimostrano anche i dati provenienti dalle informazioni Uif della Banca d’Italia su segnalazioni di operazioni sospette – si legge nel rapporto – . Solo secondo i riferimenti della Guardia di Finanza, a fronte delle oltre 18.000 segnalazioni per le quali nel periodo 2010-2011 si è completato l’approfondimento investigativo, 8.365 (circa il 46 %) sono confluite in procedimenti penali aperti presso varie Procure per riciclaggio e reimpiego di proventi criminali: usura, abusivismo finanziario, truffa, reati tributari. Insomma, i clan hanno fatto di questa attività un ramo fondamentale della loro impresa, avendo la possibilità di riciclare gli immensi proventi del traffico di droga o del giro delle scommesse, e in tal modo penetrando a fondo nel tessuto dell’economia legale”.

di Davide Domella

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